Watersong

Clarissa Goenawan – Carbonio editore – traduzione Viola di Grado

“Perché non sceglie un nome per me? Renderebbe più semplice la conversazione”.
“Mmmh… buona idea”. Ma non sapeva proprio cosa suggerire. Le si addiceva un nome raffinato. Forse qualcosa di aristocratico? “Ce l’ho. Visto che ordina sempre Earl Grey, che ne dice di Lady Grey?”.
“Carino, ma non sarebbe meglio un nome giapponese? E non mi piace particolarmente l’Earl Grey, anche se non lo detesto. Preferisco l’acqua, ma non è nel menù”.
“Forse allora dovrei chiamarla Mizu”. Mizu, come acqua.
Lei rifletté un attimo. “Mi piace Mizuki”

Shoji lavora in una sala da tè nella cittadina inventata di Akakawa in Giappone. È una sala da tè particolare, dove i clienti vengono non tanto per bere il tè, ma per parlare, per essere ascoltati: una sorta di confessionale e, come succede in un confessionale (o al Fight Club) tutto quello che succede o che si ascolta in questa sala da tè deve rimanere tra le mura della sala da tè.

“Se vuoi intervenire o desideri che le cose cambino, questo lavoro non fa più per te. Esser un ascoltatore è un ruolo passivo. Devi essere gentile ed entrare in empatia, ma allo stesso tempo mettere da parte i tuoi pensieri, e questo può essere molto impegnativo. Non è facile”

Ma un giorno Shoji scopre dei lividi sul volto della sua unica cliente, Mizuki, e decide che deve fare qualcosa per salvarla.
E da questa sua decisione le cose iniziano a precipitare, a partire dal rapporto con la sua fidanzata Yoko, anch’essa dipendente della stessa sala da tè. Ma non vi posso dire di più, dato che siamo davanti a un romanzo che io, forse, non definirei thriller, ma comunque un romanzo dove l’elemento mistero e sorpresa devono avere la meglio sul lettore.
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Una cosa però posso aggiungerla, questo è un romanzo dove l’elemento acqua è fondamentale (già lo scopriamo nel titolo), perché a Shoji , da bambino, un’indovina aveva previsto che nella sua vita sarebbero entrate tre donne con un elemento acquatico nel nome

“Allora cosa ha detto?”
“Ha detto…”. Sua madre fece una pausa, raccogliendo i pensieri. “Che nella tua vita avresti conosciuto tre donne con un elemento acquatico nel nome, e una di loro avrebbe potuto essere la tua anima gemella. C’era anche un’altra cosa…”
“Dimmelo e basta”.
Sua madre sospirò. “Potrebbe non essere niente”.
“Se non è niente, dimmelo” insistette lui.
“Ha parlato di morte”.

Watersong è un romanzo che parla di nuoto e di annegamento, di fughe e di ritorni, di quell’amore che resiste, o prova a resistere, al tempo e allo spazio, di quel passato che non si riesce a dimenticare o che forse non si ricorda così bene. Di cibo, come nella miglior tradizione asiatica, e di  ideogrammi giapponesi

“Avevo una sorella gemella” disse infine. “Si chiamava Umi. Il suo nome aveva l’ideogramma del mare e il mio quello dell’acqua. Nostra madre li aveva scelti perché amava nuotare. Mia sorella era più giovane di me di un minuto”

Un romanzo dove i dialoghi sono molto presenti e resi, anche, molto bene. Dove le profezie forse si avverano o forse no, ma questo lo scoprirete solo leggendolo fino all’ultima riga. E, comunque, questo è un romanzo che una volta iniziato non ti molla più…
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(per me è stata  consolazione in un fine settimana di febbre e di solitudine, e non è poco…)