Gemma Reeves – Atlantide edizioni – traduzione Marina Sirka Mosur
“Quel parco aveva quasi duecento anni e lui immaginava le radici sotto le sue scarpe da ginnastica bianche, aggrovigliate da decenni, che si spingevano oltre i cancelli, antiche e ambiziose. Pioppi neri, eucalipti, castagni: erano tutti maestosi, certo, ma anche storti e curvi; alcuni persino goffi, e questo lo aiutava ad accettare il proprio corpo. L’artrosi, i calli, le macchie della pelle. Lui invecchiava, gli alberi pure. Era il corso della natura: alla crescita seguiva il declino.”
Ho un debole per i racconti corali, per le storie che incrociano storie, per quei fili che ci legano gli uni agli altri. Ho un debole per le storie che entrano dentro altre storie, per i personaggi che, protagonisti nella loro storia, diventano comprimari in quella di un altro, oppure semplice comparse, incontri. Sono le storie che mi fanno pensare alla vita. Così se qualcuno mi dovesse mai chiedere di cosa parla Victoria Park, credo che risponderei semplicemente: di vita, di vite.
“Le finestre aperte degli altri erano la sua delizia. I vicini sembravano non rendersi conto della facilità con cui i suoni si diffondevano nella strada. La pausa ad effetto di una persona, quando decideva di fermarsi, riflettere e poi riformulare qualcosa, per essere più crudele, o più gentile, in base alle circostanze. Le frequenze del pianto, una tonalità per la disperazione, un’altra per il dolore. Conosceva ogni cosa di quel quartiere…”
E sono le vite di un quartiere di Londra quelle che si intersecano in Victoria Park, un quartiere che, appunto, si affaccia sul parco. Un parco che non diventa mai protagonista, rimane sfondo, rimane collante della narrazione, come quella coppia di anziani dalla quale la narrazione ha inizio: Wolfie e Mona, insieme da sessantacinque anni, entrambi arrivati con quei treni che allontanavano i bambini ebrei dalla guerra, dal pericolo, uno dalla Germania, l’altra dall’Austria. Due personaggi indimenticabili, commoventi: Mona, soprattutto, con la sua perdita di lucidità e la sua sincerità senza veli, quasi infantile.
Ma questa è solo una delle storie, perché poi da Wolfie e Mona altre storie partono, e Wolfie e Mona in altre storie entrano: familiari, amici, persone incontrate al bar, in ospedale, al parco, adulti, anziani, giovani e bambini. Mentre i mesi passano, perché la narrazione avviene in dodici capitoli, uno per mese, e le vicende dei vari personaggi progrediscono mentre entrano nelle storie degli altri.
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C’è chi tradisce e chi ama troppo, c’è la coppia che prova ad avere un figlio con la procreazione assistita, chi ha perso un marito che, in fondo, aveva già perso da molto tempo, chi aspetta che il figlio si svegli dal coma, chi ha trovato e legge il diario della figlia adolescente e chi controlla la vita degli altri dalla finestra, perché le è rimasto ben poco altro da fare
“Ma ora l’affascinava ciò che le persone facevano quando pensavano di non essere viste. Il modo in cui digrignavano i denti e si mordicchiavano le labbra. Come i loro lineamenti cedevano alla tristezza nell’attimo in cui smettevano di sorridere. A nessuno veniva mai il sospetto che tu lo stessi guardando, o giudicando”
Ma vi ho raccontato solo alcuni dettagli di alcune storie.
Victoria Park è un romanzo che potrebbe essere visto anche come una raccolta di racconti. Gemma Reeves ci consegna un libro scritto bene, un libro che riesce a essere avvincente nonostante le vite che ci vengono proposte siano vite “normali”. E Gemma Reeves fa un buon lavoro anche sulla caratterizzazione dei personaggi di Victoria Park, tanto che paiono già pronti per entrare in un film, e che tu vorresti vedere seduti tutti insieme attorno a una grande tavolata, con te lettore seduto a capotavola; una grande tavolata, ovviamente, allestita nel centro di Victoria Park.
“L’anello di faggi che delimitava Victoria Park comparve all’orizzonte. Si appoggiò a Joe e gli chiese di girarci intorno un paio di volte prima di lasciarla. Solo altri cinque minuti, si disse, e poi si sarebbe svegliata.”
(Si è capito quanto ho amato questo libro? Onde evitare malintesi ve lo ripeto: Ho amato tanto Victoria Park!)

