Una storia vecchia come la pioggia

Saneh Sangsuk – Utopia Traduzione Alice Cola

“Il reverendo padre Tien non era il tipico monaco a modo. La gente di Phraek Nam Daeng ormai era abituata a vederlo camminare o correre nelle risaie vicino al tempio, a torso nudo e con la veste avvolta intorno al cranio. Aiutava i ragazzini del villaggio a far volare gli aquiloni a forma di diamante; si sedeva al centro di un gruppo di bambini, costruiva trottole di legno di guava e poi gliele regalava; oppure si sedeva al centro di un gruppo di ragazzine e insegnava loro come intrecciare le strisce di bambù o le fronde di palma da cocco o da zucchero. […] Era felice così, gli bastava trasmettere le proprie conoscenze agli uomini e alle donne del domani.
Per gli adulti, ormai così noiosi, era un narratore di favole che violava costantemente il precetto che vieta ai monaci di mentire, ma per i bambini era uno scrigno di storie magiche. La maggior parte delle persone era in grado di guardare oltre le sue piccole imperfezioni. Era un monaco severo, ma anche gentile.”


Padre Tien è un monaco buddista che ama raccontare storie e che sa raccontarle. Quando narra, chi lo ascolta viene trasportato in un mondo fatto di foreste, di magia e di animali più o meno selvatici. Padre Tien ama raccontare le sue storie ai bambini, perché i bambini non hanno ancora perso la magia dell’immaginazione, non mettono in dubbio. Credono.
 


“In fondo l’infanzia stessa è una sorta di fantasia.
Per il reverendo padre Tien tramandare queste storie vecchie come la pioggia, questi vecchi racconti, era un semplice passatempo… Gli bastava ingannare la noia…”
 


E così di storia in storia, di realtà in magia, di pellegrinaggio in pellegrinaggio, Padre Tien racconta la storia di un luogo dove le foreste comandano e proteggono, ma dove le foreste vengono sradicate per fare spazio al progresso

 

“Le terre, un tempo, non erano spoglie e desolate come oggi, ma ce n’erano soltanto di bonificate, divise in piccoli appezzamenti, dove si costruivano case e si coltivavano riso e altri cereali.
La vegetazione era fitta e impenetrabile, le tigri vagavano dappertutto, i misteri della foresta erano intensi, e il potere degli alberi e degli spiriti malefici era ancora sacro. Ma poi le concessioni hanno fatto sì che la foresta si svuotasse. Gli autoctoni hanno occupato i terreni e li hanno disboscati, e anche gli stranieri sono arrivati in massa, impossessandosi delle terre e disboscandole. Non avrei mai immaginato che la foresta sarebbe scomparsa nel breve corso della mia vita. Voi siete bambini di campagna, io sono un bambino della foresta. Questa è la differenza tra voi e me.”

e, mentre Saneh Sangsuk passa dalla terza alla prima persona, padre Tine inizia a raccontare quella che è la sua storia, facendoci sedere accanto a quei bambini affascinati e curiosi e rendendoci, non più lettori, ma ascoltatori.

E la sua storia ha per antagonista una tigre, un’enorme tigre che pare essere posseduta dal demonio. È una storia che ha come scenario una foresta misteriosa, ma anche un appezzamento agricolo e una casa provvisoria nell’attesa di quella definitiva. È una storia che ha per oggetto la vendetta, l’ossessione forse. Il cammino verso quello scontro che il lettore percepirà come inevitabile


“Un pensiero inquietante mi fulminò: e se lo spirito di una delle vittime fosse entrato nel suo corpo, trasformandola in una tigre demoniaca? Uno spirito che non riusciva ad accettare l’idea di morire in quel modo, inaspettatamente, senza preparazione. Uno spirito colmo d’ira che si era rifugiato nel corpo della tigre assassina.
Forse vi chiederete: perché mai dovrebbe accadere una cosa del genere?
Bambini, se foste nati e cresciuti nella giungla come me, capireste. La foresta è un luogo strano. Un luogo misterioso.”


Ma anche il percorso che ha portato un agricoltore cacciatore a diventare un monaco buddista.

Una storia vecchia come la pioggia ha il realismo della lotta per la sopravvivenza, della paura, della vita e della morte, della perdita, del sangue. Di quella natura fatta di imprevisti e di bellezza, di animali che diventano amici e di quelli che saranno sempre nemici dal quale doversi difendere.
Ma ha anche la magia, la leggenda, il tocco della narrazione orale e dell’incontro tra reale e immaginazione. Tra il mondo animale e il mondo umano. Tra la foresta selvaggia e quel progresso che, a passi veloci, arriva.


“Credo dobbiate coltivare a lungo la vostra vena poetica, prima di poter comprendere appieno ciò che sto dicendo.”