Un oceano, due mari, tre continenti

Wilfrid N’Sondé – 66thand2nd – traduzione Stefania Buonamassa

“Durante la mia vita terrena, ritenevo che il tempo fosse una linea retta che andava da un punto all’altro, da un inizio verso una fine. Da quando sono una statua, grazie all’esperienza di svariati secoli, sono consapevole che quella maniera di interpretare i momenti che passano, semplice e rassicurante, è solo un pallido riflesso della corsa del mondo. Il tempo non va da nessuna parte, non si ferma. Il presente è un istante che fugge, un punto in continuo movimento, al contempo effimero, minuscolo e immenso, che porta con sé tutto il passato dell’universo. Ogni evento e tutte le vite precedenti trovano il loro posto nel susseguirsi infinito dei secoli e non ve ne vengono più fuori. Accade così anche se alcune esistenze, come quelle degli schivi, tendono a sparire per lungo tempo, perse nelle omissioni della Storia, annichilate dall’indifferenza, dalla vergogna o dalla colpa.”

Quando mi è stato proposto questo romanzo, mi è stato descritto come un viaggio duro, un viaggio che non può lasciare indifferente chi legge. E così è stato. Non si tratta di una lettura facile quella di Un oceano, due mari, tre continenti, è una lettura che, a tratti, fa male, ma è una lettura necessaria, dove la tenacia del non arrendersi diventa motore trainante dell’avventura stessa. Dove la speranza di poter fare qualcosa di importante, rivoluzionario anche, di avere un compito da svolgere sono la motivazione prima per decidere di non tornare indietro o di chiudere semplicemente gli occhi e lasciarsi andare, spegnersi. Dove a volte anche lo sguardo di uno di quegli angeli che si incontrano sulla strada possono aiutare a non mollare.

“Chiamarono quella terra Congo, che nella loro lingua significava «il luogo dove non bisogna mai arrendersi»

Una vita vera, una pagina di storia che parla di schiavitù, di traversate interminabili in condizioni difficili, di soprusi e di pirati, di inquisizione e, appunto di fede; in un tempo in cui la vita degli uomini, di alcuni uomini (e ovviamente donne) non aveva valore (ammesso che oggi ne abbia).

Una storia che ci viene raccontata in prima persona da una statua, il busto di don Antonio Manuel, un prete originario del Congo che dalla sua terra parte con il compito di perorare la causa degli schiavi, un uomo che non chiedeva altro di essere ambasciatore della parola di Dio nella sua piccola chiesa, ma il destino e il suo re avevano in serbo per lui piani diversi

“La mia voce si è spenta più di quattrocento anni fa, le mie parole si sono perse nel silenzio della morte ma, con i curiosi che si soffermano un istante davanti al mio busto, vorrei condividere l’amarezza per essere stato ridotto, con il passare dei secoli, al colore di cui un tempo brillava la mia pelle.”

Un oceano, due mari, tre continenti è il secondo Libro Vagabondo la proposta di Heimet di Marghera (VE)