Tre minuti alla fine dell’intervallo

ML, come ricordo del suo ultimo viaggio a Parigi, mi regala un piccolo cuore. Poi mi dice, così senza un apparente motivo, che, guardando invecchiare suo marito, si sente triste.
Per me è sempre quel ragazzo che ho incontrato più di sessant’anni fa, quel ragazzo che poi ho sposato, aggiunge.


Mi racconta che portava ancora le trecce quando lo ha conosciuto

e che ha chiesto lei a un amico di presentarglielo, ma poi, temendo di apparire troppo interessata, ha finto di non esserlo e di parlare di un altro ragazzo. Eravamo al liceo, io ero in prima, lui in quarta, dice.
Si ricorda l’esatto orario del loro incontro, forse anche il giorno, ma quello non me lo rivela, né io lo chiedo.


Erano le 11 e 32, l’intervallo, e guardando l’ora ho pensato di avere solo tre minuti per parlare con lui, dice.
Le lezioni sarebbero riprese alle 11 e 35.


Si ricorda anche il mese del loro primo bacio.

Poi parla delle persone che ha incontrato a Parigi, delle storie che le hanno raccontato e da lì passa a un dettaglio dell’ultimo romanzo letto o di quello che sta leggendo.

Io l’ascolto e ripenso a quel libro dove un bambino scopre quanto le storie possono essere preziose e quanto sia bello e importante ascoltare le storie degli altri.


È raro incontrare qualcuno che sappia ascoltare, mi dice ML, e di questo, in fondo, abbiamo tutti bisogno, aggiunge: non tanto della compagnia,

ma di qualcuno disposto a prestare un po’ di attenzione alla nostra storia.


E io penso a quanto questo sia vero.