Mika Biermann – L’Orma editore – traduzione Chiara Licata
“Il pittore dietro il cavalletto di campagna, davanti a una vasta valle bordata di colline, sotto una nuvola di temporale, è per definizione un pazzo pericoloso, oppure l’essere più lucido al mondo, o peggio, entrambe le cose. Spalmare il blu sulla tela e dire «cielo»… Bagnare il pennello in cacarelle di colore e pretendere di fare degli alberi… Un musicista non scomoda gli uccelli, un poeta lascia vivere il fiore… un pittore, a testa alta, sgozza il paesaggio come si fa con una trota un mattino di inverno.
La pittura è un assassinio del buonsenso.
Il pittore è un assassino.”
Questo non è un romanzo, non è nemmeno una novella, né un racconto. Tre donne nella vita di Vincent van Gogh è una mostra d’arte: una passeggiata in mezzo ai colori, la sensazione di sfiorare non pagine, ma tele “imbrattate” di pittura a olio di lino
“Dalie rosse. Girasoli gialli. Rose rosa. L’edera scolpisce le pareti. Intorno al pozzo, il lastrone sbava di piacere. Un tiglio gigantesco fa ombra ai giacinti. I peri si curvano sui frutti avvizziti. Le mele scoppiano di linfa. In fondo, l’orto allinea cipolle, cavoli e rape. Mille farfalle. Prezzemolo! Un letamaio chiude il terreno, il muro di mattoni colleziona ciuffi di muschio.”
Fiori, paesaggi, nature morte e modelle. Apparizioni o presenze nella vita di Vincent, tre donne a scandire tre momenti di quella vita: il primo incontro con la nudità femminile in Saskia, la guardiana delle oche, l’amore negli anni parigini in Agostina, modella e proprietaria del Caffè du Tambourin ,
“Agostina non è mai riuscita a chiamarlo per nome. Neanche a letto. Troppo intimo. Allora lo chiama «Van». Come Ludwig van Beethoven.
Sordi tutti e due.”
la morte nell’incontro con Gabrielle, giovane donna bullizzata (diremmo oggi) e determinata nei suoi intenti, che si allontana a dorso di un cavallo
“Le due si stagliano su un cielo azzurro oltremare, disseminato di nuvole bianche. Le colline tremano nel caldo, sembra che un fumo giallo si sollevi dai campi. I tetti del villaggio arrugginiscono al sole.
Ci sarebbe da farne un quadro.
O una fotografia.
Paesaggio con donna e cavalla.”
Ancora prima di iniziare a leggere il romanzo di Mika Biermann ci si domanda come possono queste poche pagine (meno di cento) racchiudere il genio dell’artista del titolo, ma l’errore è aspettarsi questo da Tre donne nella vita di Vincent van Gogh. L’errore sta nel cercare un romanzo biografico o un romanzo che ci racconta dei momenti del pittore.
Questa è, come ho detto all’inizio, una passeggiata in mezzo ai colori, ai fiori, ai dettagli. Questa è una raccolta di pennellate e di pennellate scritte rubando alla poesia il metodo di accennare, non raccontare tutto, di far intuire o anche di non farlo proprio. Non avendo l’intento di essere esplicativa, ma solo quello di lasciare delle sensazioni. Delle emozioni. Un poco, forse, e lo dico da profana, come fa la pittura. L’arte.
“Solleva la lanterna. Tutto lo spazio è occupato da quadri. Brandisce la tela. È una natura morta con fiori. Dove li trova i fiori in inverno? Dall’ombra affiorano altre nature morte. Viole del pensiero poggiate su un tamburello. Scabiose e ranuncoli. Un vaso di papaveri blu-bianchi-rossi. Una ciotola di peonie e rose. Un vaso di peonie e nontiscordardimé. Un vaso di peonie e basta. Ci sono anche un piatto di aringhe e un paio di scarponi. Vincent annuisce. Vigorosamente. Le sue creature, gracili, forse, brutte, a volte, ma sue.”

