Tommaso e l’algebra della destino

Enrico Macioci – SEM

“Erano trascorsi ventotto minuti da quando suo padre si era allontanato, ma a precisa domanda Tommaso avrebbe risposto che si trattava di almeno un paio d’ore. La solitudine allunga il tempo, lo rende appiccicoso come un chewing gum. La solitudine fa crescere i bambini più in fretta, sottrae loro il sogno dell’eterna felicità, scolpisce meglio i confini indefiniti del mondo. La solitudine non rispetta le regole del tempo. La solitudine è un’onda di tempo senza frammenti, è puro tempo nudo e crudo.”

Tommaso ha cinque anni.
Tommaso ha un piccolo giocattolo a forma di dinosauro
I genitori di Tommaso sono in crisi
Il papà di Tommaso ha un’amante
Il nonno di Tommaso ha la febbre e questa è “la prima piccola sfortuna” che capita a Tommaso un giorno d’estate, un giorno molto caldo. Un giorno in cui la mamma ha un impegno di lavoro e a Tommaso dovrà badare papà, ma papà ha il pensiero rivolto altrove, verso un’altra donna, una donna che deve incontrare. E il papà di Tommaso sta dicendo al telefono

“lo lascio in macchina”

Questo libro si legge tutto in un fiato, mi hanno detto quando mi è stato consigliato. Questo libro fa male, hanno aggiunto, specialmente se sei genitore. Ora che l’ho letto posso dire che posso capire che così sia, dato che io, che genitore non sono, ho vissuto le pagine di questo romanzo con il fiato sospeso, trattenendo il desiderio di imprecare contro la sorte, contro la sfortuna che quel giorno pare proprio avercela con Tommaso

“La malasorte è un sommo artista dei dettagli. La malasorte non si fa scrupoli a giocare con la vita, foss’anche la vita di un cinquenne.”

e ho sofferto con questo cinquenne.
Macioci ci fa vivere la vicenda attraverso le sensazioni di Tommaso, ma anche attraverso ciò che succede intorno a lui, alle persone che attraversano la scena, a chi ignora ciò che sta succedendo e a chi sente che qualcosa sta succedendo. Fa scorrere l’orologio, lentamente, ma lo fa con la precisione di un rapporto, di una relazione: sappiamo sempre quanto tempo è passato, sappiamo sempre che ore sono. Forse solo Tommaso non lo sa. Tommaso che può orientarsi solo con la luce e il buio o con le proprie sensazioni fisiche e biologiche.

Macioci riesce ad alternare dei primi piano che entrano nei pensieri dei personaggi a dei campi lunghi, dove noi lettori vediamo la scena con l’occhio del distacco, di chi deve prendere semplicemente nota di ciò che sta succedendo.
E Macioci ci elenca una dopo l’altra tutte quelle piccole sfortune che portano Tommaso a essere  intrappolato dentro a una sfortuna più grande

“Purtroppo non tutte le opportunità si traducono in fatti. Fortuna e sfortuna si alternano invisibili al nostro fianco, ma raramente ce ne accorgiamo: la vita fa le addizioni e le sottrazioni, noi vediamo solo il risultato finale e gioiamo o ci addoloriamo in base a quello. La vita è un’algebra ancora da decifrare. Studiamo.”

E riesce a creare una sorta di horror dove la paura si nasconde nel buio, in un temporale, in sogni, allucinazioni, voci, presenze forse, che attraversano quella giornata così sfortunata dove lo spettro della morte è sicuramente la paura più grande

“La verità è che si muore, e che si può morire in qualsiasi momento e tuttavia si vuol vivere e si lotta per farlo, per fare un altro metro, un altro centimetro, un altro millimetro, foss’anche in un letto d’ospedale, in una foresta di tubi, sotto lo sguardo freddo di una sconosciuta, respirando artificialmente, nutrendosi artificialmente, bevendo artificialmente. La verità è che si può morire in qualsiasi momento ma si vuole vivere per sempre.”

E la verità è che non sappiamo cosa può succederci dietro all’angolo, in un qualsiasi pomeriggio estivo, quando la sfortuna decide di accorgersi della nostra presenza…
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(Aggiungo una nota di merito a questa copertina che già lei fa venire voglia di avere il libro!)