In un racconto letto di recente, una donna è a Venezia e sta osservano i turisti che passeggiano per la sua città. Sorridono, quei turisti, e immortalano quei loro sorrisi in foto che conserveranno il ricordo di quella loro vacanza.
Ha circa sessant’anni quella donna e sta attendendo l’apertura della Biennale e, mentre attende, sorride anche lei.
Dopo tanto tempo, si sente felice quel giorno, ma cerca di nascondere quella sua felicità. Ne è gelosa come di un segreto che, una volta rivelato, più segreto non potrà essere.
Della Biennale le interessa solo una sala, solo due quadri che ritraggono la stessa donna, il corpo nudo di quella donna. Si siede su una panca in quella sala, osserva i quadri e ascolta i commenti dei visitatori.
Da quei due quadri tornerà ogni giorno.
Ogni giorno si fermerà a guardare il corpo giovane della donna ritratta, e con il pensiero tornerà al passato. A quando ha conosciuto il pittore di quei quadri, a quando, ventenne, per lui ha posato.
Sì, quello è proprio il suo corpo di tanti anni fa, di quando l’età non aveva ancora segnato il suo territorio, modificandolo, facendolo decadere. È stata una donna bella lei, è stata una donna che ha avuto solo la bellezza: il suo corpo è stato il vero protagonista della sua vita o, almeno, è ciò che lei ci dice. Ora quel suo corpo può solo osservarlo, con malinconia, dipinto su due quadri.
Arriva l’ultimo giorno della mostra e lei è lì, seduta sulla panca, immagina il quadro – il suo corpo – imballato e chiuso in una cassa per poi essere destinato a un altrove.
Piange.
Quel suo pianto attira un custode che si permette di chiederle il perché di quel suo pellegrinaggio giornaliero e se conosceva l’autore dei quadri o, forse, la modella. Lei risponde di essere stata amica della modella e per quell’amica inventa una storia che parla d’amore.
Poi si alza e lascia la sala soddisfatta, sa che quel custode racconterà quella storia a qualcuno e quel qualcuno a qualcun altro. E così, attraverso quel passaparola, il corpo dipinto su quei quadri continuerà a essere vivo.
Maria, questo il nome della donna, esce dalla Biennale e va incontro a Venezia. Forse sorride un po’ o, almeno, io la immagino così

