Claudia Bruno – NNeditore
“Così, come si piega la luce quando entra nel vetro o nell’acqua, allo stesso modo io mi spezzavo una volta per tutte e irreparabilmente. E una prova dopo l’altra, una parola dopo l’altra, nell’intreccio degli specchi che mi stavano davanti imparavo a guardarmi per quella che ero. Una figura imperfetta, scomposta in frantumi, che niente e nessuno avrebbe potuto aggiustare”
Lu e Cristian si conoscono durante un’escursione in barca. Cristian salva Lu dalla possibilità di affogare e diventano coppia
“so che per lui sono stata prima di tutto una ragazza che poteva affondare”
Lu è fragile, introversa, soffocata dalle continue emicranie che la portano a isolarsi; ha una famiglia fuori dal comune (un padre che gira il mondo alla ricerca di se stesso e una madre che cerca le risposte nei pianeti. E poi c’è Inge una nonna un po’ dispotica, un po’ unico punto di riferimento). Della famiglia di Cristian, invece, poco si sa; Cristian arriva da Sarajevo, ma quando e come restano avvolti nella nebbia di risposte non date.
Vivono a Roma in una casa che è per loro una promessa sul futuro, “un cantiere” in costruzione. Sono giovani e si amano.
E poi c’è Ombra, la gattina cieca che diventa elemento fondamentale del loro essere famiglia
“Parlavamo con la luce spenta – del lavoro, di quello che stava accadendo nel mondo, dei nomi che si possono dare ai gatti. Ombra era stata la prima parola a metterci d’accordo dopo mesi”
Lu scrive didascalie, Cristian lavora per un’azienda farmaceutica e, a un certo punto della loro storia, riceve una proposta di lavoro a Londra. Lu e Cristian si ritrovano così a vivere una lontananza scandita da qualche viaggio nel fine settimana e da aggiornamenti telefonici
“Avrei voluto chiedergli che ne sarebbe stato di noi, di quello che avevamo costruito, invece non ho detto niente, mi sono chiusa in un percorso a ritroso che partiva dalle cornici e passava per i mobili che avevamo montato, si fermava per qualche istante su ognuno degli oggetti che avevamo comprato […] poi usciva dalla finestra, e arrivava fino al giorno in cui avevamo lascato il raccordo e il cantiere era comparso nella nostra vita.”
Quando Lu capisce di non poter più gestire quella lontananza, molla tutto e raggiunge Cristian a Londra, e qua si troverà a perdersi, a farsi inghiottire da una città che non la conosce e che lei non conosce, senza punti di riferimento e senza molto da fare
“Mentre mi facevo spazio in quell’intrico di traiettorie spaiate, mi capitava spesso di pensarmi con un altro nome – oggi ero Miriam, lavoravo in banca e vincevo sempre le scommesse; domani ero Susan, avevo un diploma al conservatorio e suonavo Bach la sera prima di dormire. In mezzo a quel fluire di esistenze mi preparavo a diventare un ologramma – potevo anche essere A e sostenere di essere C, chiunque mi avrebbe creduto. Ma non era questo il punto, il punto era che a nessuno importava davvero”
Per poi tornare a casa e guardarla dall’alto del grattacielo
“Mi dicevo che stavamo diventando come quei pesci che si comprano al mercato e si portano in giro in una busta di plastica, poi si lasciano a morire dentro una boccia di vetro.”
Claudia Bruno pare dirci che perdersi è alla portata di tutti. Ci racconta giorni che si sommano ad altri giorni, dove succede poco o nulla, dove la vita va avanti incidendo il suo percorso. E ci parla di mancanza di comunicazione, di segreti che crescono diventando muri, ma anche luoghi da proteggere gelosamente, perché sono parte di noi.
Solo andata è una storia metropolitana, una storia di caduta forse. O una storia che ci dice che ci sono strade che dobbiamo percorrere, che dobbiamo rassegnarci a dover percorre.
“Il dolore è un mostro a sei teste, ti stringe la gola e ti spacca le ossa, si prende i tuoi giorni migliori e non te li restituisce indietro. Col passare dei mesi ho imparato a farmelo piacere, è l’unica cosa che riesce a farmi piangere, a volte penso: è l’unica cosa che sono ancora in grado di sentire.”
E ci dice, soprattutto, che a volte, per trovare la nostra identità, dobbiamo uscire dagli schemi dello stabilito, senza paura di guardare nell’abisso, con il coraggio di capire veramente quello che siamo. E questo è quanto riesce a fare Lu.
Claudia Bruno ci dice tutto questo con un modo di narrare trascinante e una scrittura sincera e potente.

