Mi rendo conto che le sto raccontando un libro che parla di una madre, mi rendo conto che da un po’ di tempo incontro libri dove la figura della madre è centrale: in quanto presente o in quanto assente. Forse questo glielo dico anche, mentre le sto raccontando un libro dove la madre non c’è, dove ci sono solo due figlie e un padre.
Lei mi dice che ha capito in tarda età sua madre, che con sua madre ha avuto un rapporto molto difficile.
Mi dice che erano altri tempi i suoi, ma che quando si è sposata ha vissuto quel momento come il passo verso la libertà. Poi, aggiunge, mi è andata bene sa, ho delle amiche che sono fuggite dalla famiglia per cadere in un’altra padella. Una, ora, è vedova, aggiunge con un tono di voce più basso. Come a sottolineare che forse, solo così, quella sua amica ha trovato la libertà.
Siamo andati in viaggio di nozze a Bologna, continua, ci siamo conosciuti là io e mio marito, all’università.
C’era la nebbia quel giorno, quella nebbia che ora non conosciamo più aggiunge, quella nebbia che ti toglieva la visuale di tutto.
Io annuisco perché quella nebbia da bambina l’ho conosciuta e la ricordo molto bene.
Era fine novembre, mi dice, quando abbiamo deciso di sposarci non abbiamo voluto attendere un giorno di più. Era venerdì, pensi, allora tutti si sposavano di sabato. La stazione di Bologna ci ha accolti avvolta da quella nebbia della quale le parlavo prima, continua.
Poi mi racconta di essersi girata a guardare quella stazione e che in quell’attimo la nebbia era sparita: la libertà! abbiamo detto insieme e poi, forse, ci siamo sorrise.
Qualche mese dopo ero già incinta, conclude mentre il suo sguardo cade su un libro e mi chiede se l’ho letto. No, rispondo io. Lo faccia, dice, è veloce lo legge in fretta lei. Parla di una zia.
Prima di andarsene mi guarda e mi chiede se mi sono tagliata i capelli, io sorrido e annuisco. Sta bene così dice e poi lo ripete anche.
Ma come faccio io a non voler bene a questa cliente speciale? a lei: a M.L.

