Mette Vedsø – Il castoro – traduzione di Eva Valvo
“Ho una sensazione strana nella pancia. È come se lì dentro ci fossero un gomitolo aggrovigliato e un paio di mani che cercano di sbrogliarlo. Tira, sciogli, gira e rigira.
«Adesso come stai?», mi domanda un’infermiera.
Non dico niente del gomitolo, ma ripeto un’espressione che ho sentito spesso: “un peso sullo stomaco”.
«Rendi bene l’idea», risponde lei.
«Davvero?», chiedo.
«È più facile spiegare i mali di cui si parla comunemente», dice, «come il mal di testa, il mal di pancia e roba del genere».
Annuisco.
«Molti giovani che soffrono di ansia e stress non hanno le parole per dire ciò che provano.»”
Durante l’ora di inglese, mentre il professore la invita a esporre la sua presentazione, Pi, una ragazza di diciassette anni, sente i battiti del cuore che aumentano e poi crolla a terra.
La diagnosi sarà attacco di ansia, attacco di panico e a Pi verrà prescritto un periodo di riposo a casa. Periodo che sarà importante, fondamentale, nella sua crescita e nel suo cambiamento.
Il padre e la madre sono impegnati con il loro lavoro
“In fondo mi piace starmene seduta alla finestra e guardare cosa succede per strada. Conto le macchine nere. O grigie metallizzate. Quelle gialle sono rare. Tra le otto e le nove la pista ciclabile è affollatissima e il cielo è tutto da studiare.
Non fa niente che siano tornati entrambi al lavoro, davvero.”
Vorrebbero che lei non stesse sola, che frequentasse Kat e Alma, le sue amiche di sempre. Ma Pi le sente lontane, sente che non riesce a condividere con loro come si sente in quel momento e che, in fondo, con loro non si è mai aperta completamente.
E, nel mentre, conosce Vicky, la ragazzina con difficoltà cognitive ma piena di vita e di parole, che abita nel suo palazzo.
«Preferisci fare l’attrice o lavorare con gli anziani?»
«Lavorare con gli anziani», rispondo.
«Siamo uguali», dice Vicky, battendo le mani e saltellando sul posto, incapace di nascondere la gioia che ha in corpo.
A Kat e Alma probabilmente avrei detto attrice, di sicuro anche ai miei.
«A cosa pensi?», mi domanda.
«Al fatto che a volte dico bugie», rispondo.
Vicky sembra stupita.
Conosce la madre di Vicky, costretta a casa dal gesso, ma piena di consigli e sorrisi. E conosce Gilliam, la vecchietta arrivata anni fa dall’Inghilterra e ora vicina ai novant’anni che parla mischiando, la sua lingua madre, al danese (la vicenda si svolge in Danimarca)
“Le racconto che ho detto una bugia alla mamma, perché dal cromoterapeuta non ci sono andata. «Mi sento in colpa.»
«Ma è wonderful», dice annuendo convinta. «Trust yourself. Your mum can’t fell what you fell inside.» Lo sguardo di Gillian ha un che di schietto. «Teenage years are hard, it’s always been like that.» Mi accarezza delicatamente la guancia. «Devi lasciarti andare e imparare dalla vita, darling.»”
Pi ci parla sempre in prima persona, facendoci vedere “le cose” dal dentro, anche quelle che non capisce, anche quelle che la fanno stare male e vacillare. Ma ci racconta, soprattutto, l’incontro con persone di generazioni diverse, persone che hanno tutte un loro modo (e un loro motivo) per essere schiette e aperte; e sarà proprio attraverso questi incontri che Pi riuscirà a guardare ciò che la circonda in modo differente e con gratitudine, a capire che, a volte, anche un “incidente” di percorso può portarti sulla strada giusta. Su quella strada che non pensavi di stare cercando, forse, o che comunque non ti eri mai fermata a osservare.
Quando il cuore è in tempesta è consigliato per ragazze/i +12 ed è una lettura che lo sguardo sincero di Pi rende fresca, una lettura che affronta argomenti di spessore con un tocco divertente e piacevole.

