Siân Hughes – Atlantide – Traduzione Clara Nubile
“Riesco a ricordare il momento preciso in cui la polizia smise di cercare una donna scomparsa e iniziò a cercare un cadavere. Un cadavere, che a quel punto, era probabilmente irriconoscibile. Fu quando, telefonando a mio padre, i poliziotti cominciarono a dire che non avevano trovato “qualcuno”, ma “qualcosa”. Qualcosa nel bosco. Qualcosa nel fiume. Qualcosa.”
Pearl è la storia di un abbandono, dell’elaborazione di un abbandono. Una madre, un giorno, esce di casa per non fare più ritorno; in casa lascia un marito, un neonato e Marianne una bambina di otto anni che è la voce narrante del romanzo. Voce che cresce, che da bambina diventa adolescente e poi adulta, fino a diventare a sua volta madre
“Strinsi un patto con me stessa: non avrei mai compiuto lo stesso gesto di mia madre finché non avessi scritto fedelmente ogni cosa che ricordavo di lei. Quando feci quest’accordo, Susannah non era ancora nata, poi ci aggiunsi un codicillo: avrei aspettato che mia figlia compisse almeno diciotto anni prima di uscire dalla porta di casa e non tornare mai più.
Pensavo che fosse un’età giusta. Non avevo mai avuto una madre dopo gli otto anni, quindi conclusi che diciotto anni erano tanti.”
Pearl ci racconta una famiglia costretta a vivere con un’assenza e con il chiedersi il perché di un gesto, con il chiedersi cosa è successo quel giorno di febbraio. Con il dover rispondere alle domande degli altri, prima della polizia, poi di chi la loro storia conosce.
Una famiglia che a un certo punto deve lasciare la campagna per trasferirsi in città, deve lasciare la Casa Vecchia per la Casa Nuova, una casa che la madre non ha mai abitato, una casa che nessuno di loro riuscirà mai ad amare del tutto
“Per ventisette anni l’abbiamo chiamata la Casa Nuova. Finché è la Casa Nuova possiamo perdonarci i tentativi patetici di addomesticarla, possederla, o trasformarla nella nostra casa. Se fosse semplicemente diventata la Casa forse ci saremmo trasferiti là nel modo giusto, avremmo tolto le poltrone degli ultimi proprietari dal salotto sul retro e strappato l’orribile carta da parati dal salotto principale, invece di costruirci sopra sempre più librerie.”
Come Marianne fatica ad amare se stessa, il suo corpo che tratta male: tagliuzza, lascia senza cibo, sente sempre inadeguato, senza possibilità di essere amato: del resto come può ricevere amore chi è stata abbandonata da chi avrebbe dovuto amarla incondizionatamente. Marienne che, comunque, quell’amore a modo suo lo cerca e la trova forse solo quando diventa sua volta madre
“Sono dovuta arrivare ai trent’anni passati, e diventare a mia volta mamma, per vedere le cose d questa prospettiva, per essere abbastanza coraggiosa da difenderla, e difendere il mio diritto ad avere un ricordo positivo di mia madre.”
Pearl parla di maternità, ma anche di paternità (la figura del padre di Marianne, pur restando sempre un passo indietro, è di grande delicatezza), e parla di felicità e di come riusciamo a punirci quando ci dimentichiamo di soffrire
“Lei era felice. Ecco qual era il problema. Era così felice che si era dimenticata di essere triste.”
È la storia di un cammino verso il perdono o la comprensione. E, in fondo, è anche una storia che racchiude un mistero da risolvere. La ricerca della risposta a quell’abbandono che ci accompagna per tutto il romanzo.
“E poi ci sono le cose di cui non possiamo parlare. Mia madre che cantava assieme alla radio al mattino. Il profumo del pane che lievitava. Le spigolature delle erbe aromatiche raccolte a manciate e messe nelle caraffe, l’odore acre del fuoco che accendevamo la sera, l’essenza dolce del cedro del suo kit per lavorare a maglia che finiva per impregnare la lana di tutti i nostri maglioni. Il profumo di terra pulita, e di menta e lavanda, sulle mani della mamma. La sua risata dolce, roca e affannata; le barzellette con i giochi di parole che tanto amava, i capelli tirati indietro e attorcigliati in testa, i ciuffi sottili, castano chiaro, che le ricadevano sul visto e che si sistemava dietro le orecchie.”
Il titolo del romanzo di Sian Hughes è un poema, sul quale non mi soffermerò, ma che ha un suo ruolo nel romanzo. E Pearl, come ci fa notare Clara Nubile, la traduttrice, nella postfazione, è un libro colorato di verde, e posso forse non essermi innamorata io di un libro di questo colore?

