Nuotare con un elefante tenendo in braccio un gatto

Yoko Ogawa – Il Saggiatore – traduzione Laura Testaverde

“Gli piaceva la scacchiera quando tutti i pezzi, i bianchi e i neri, erano stati sistemati. Nessuno sapeva cosa sarebbe successo lì da quel momento in poi, i pezzi erano ognuno al proprio posto, alcuni emanando sempre più energia, altri immobili nell’atto di meditare. Le sessantaquattro caselle aspettavano, colme della tranquillità necessaria ad accogliere qualsiasi pezzo, con qualsiasi intenzione arrivasse. Ecco: stava per cominciare la partita! La scacchiera era immersa nella gioia del momento in cui il gioco sta per iniziare”


Gli scacchi sono il vero protagonista di questo romanzo di Yoko Ogawa, ma forse è sbagliato dire questo, perché gli scacchi sono il mezzo attraverso il quale ci viene raccontata la storia di un bambino che non vuole crescere. Un bambino che non ha nome e che, insieme al fratello più piccolo, perde la mamma, il papà non c’è mai stato, e viene accolto dai nonni. Un bimbo che nasce con una malformazione, le labbra chiuse, e che verrà operato subito dopo la nascita, ma manterrà per sempre il segno di quella operazione, tanto da essere preso di mira dai compagni di classe


“Perché mai parti del corpo deboli e prive di difese come le labbra occupano la posizione più esposta, al centro del viso? Ci sono tante altri parti molto più robuste, come i denti o le unghie: perché mandano le labbra, da sole e in prima linea, mentre loro si mantengono al sicuro nelle retrovie? Al bambino questa cosa sembrava oltremodo irrazionale”


E cosa c’entrano gli scacchi? C’entrano perché quel bambino, che non ha amici, se non quelli della sua immaginazione (un’elefantessa, Indira, rimasta imprigionata sulla terrazza di un centro commerciale, perché cresciuta troppo per poter scendere da lì e una bambina, Mummia, rimasta prigioniera tra i muri di due case), un giorno incontra il Maestro, un ex conducente di autobus, ingrassato troppo per continuare a fare il suo lavoro. Il Maestro vive, con il gatto Pedone, in un autobus adibito a casa, preparando dolci e giocando a scacchi (ecco gli scacchi) e sarà lui a insegnare tutto al nostro bambino.

 

 

«… non si gioca a scacchi da soli […] La poesia che nasce sulla scacchiera è completa solo quando si muovono i pezzi di entrambe le parti, il Bianco e il Nero
[…]
Più l’avversario è forte, maggiori sono le possibilità di trovarsi di fronte a una poesia splendida, di cui nessuno ha mai goduto prima»


Ma il bambino, che a un certo punto diventerà davvero bravo tanto da acquisire il nome di Little Alechin non riuscirà mai a giocare guardando negli occhi l’avversario, il suo posto sarà sempre sotto alla scacchiera: il bambino giocherà sempre alla cieca, sentendo i movimenti dell’avversario


«… Non posso più uscire da sotto la scacchiera: esattamente come un alfiere, per quanto lo desideri, può muovere solo in diagonale e mai in orizzontale, o come un elefante intrappolato su un tetto non può scendere al suolo.»


Io mi fermo qui, ma nel romanzo succede molto altro: sulla scacchiera, sotto la scacchiera e lontano (mai troppo) dalla scacchiera. Perché questo è un romanzo di formazione e Little Alechin crescerà anche se solo in età, perché per lui


“Diventare grandi è una tragedia”


E, se te lo stai chiedendo, è un romanzo che puoi leggere ed amare anche se di scacchi sai al massimo la differenza che passa tra un cavallo e un pedone, o come si muove la torre, perché questo è più o meno quello che so io.  E perché qua gli scacchi sono solo il pretesto per raccontarci una storia e per dirci altro


«Chiunque abbia una bocca, appena la apre non parla che di se stesso: io, io, io. Ciò che conta è solo l’io. Ma negli scacchi non c’è bisogno di un io. Quello che si mostra sulla scacchiera non si può esprimere con parole umane. Dire sciocchezze su se stessi è come scarabocchiare una bella scacchiera.»


Yoko Ogawa ci regala un romanzo che ha lo sguardo e, forse anche, l’ingenuità di un bimbo; una storia che ha dettagli surreali e il tocco di una fiaba; il tutto condito con una scrittura semplice, delicata, quasi gentile, che bilancia perfettamente ogni “volo” di fantasia. Una storia dove l’amore ha le lettere e i numeri delle mosse sulla scacchiera (ma questo lo capirete solo leggendolo…)


“il mare degli scacchi era molto più ampio e profondo di quanto egli credesse”