Noi, loro, gli altri

Kazufumi Shiraishi – Atmosphere libri – traduzione Deborah Marra

Akio era stato il primo, tra gli Utsugi, a diventare uno stipendiato qualsiasi in un’azienda qualsiasi. Quando aveva deciso di seguire il suggerimento di un compagno di calcio del liceo e impiegarsi alla Yamato, nessuno, né il padre né la madre e neppure i fratelli, si era opposto. Soltanto il fratello maggiore lo aveva messo in guardia con parole che riassumevano il pensiero di tutti i membri della famiglia:
«Non eri titolare quando giocavi a calcio e ora non penso proprio che tu sia adatto a lavorare in una ditta che ha a che fare con società sportive»


Akio si sente inadeguato, afferma di essere nato per errore: la sua è una famiglia ricca, ma lui non si sente all’altezza, lui decide di trovare il suo percorso, o il suo riscatto, all’esterno della famiglia. Akio conosce Nazuna nel locale dove lei lavora, lei è bella e a lui non pare vero che lei abbia scelto lui. Lui così mediocre, così inadeguato.


“Una volta lei gli aveva domandato quale fosse il suo sogno, e quando lui le aveva risposto: «Vivere una vita normale», subito aveva cambiato discorso.”


Nazuma sceglie Akio, perché lo sente affidabile, perché sente che non la tradirebbe mai.

Il loro sarà un matrimonio fatto di silenzi, di incomprensioni, di poca intimità. Intimità che Nazuna troverà altrove e che Akio troverà nelle confidenze con la Signora Tokai, sua superiore, donna forte e coraggiosa, che a differenza di Akio ha trovato il suo posto nel mondo. Donna capace di ascoltare, donna che ha trovato un equilibrio anche nella sua condizione di donna sola


“Quando le persone amano se stesse sono in grado di svolgere varie attività. Possono impegnarsi con onestà e costanza per sogni e obiettivi. Dedicarsi a passioni e divertimenti. Possono persino rendersi utili in modo da piacere pure a qualcun altro. E compiacersi di se stesse senza fare nulla di speciale. Perché, alla fine, i loro pensieri e le loro azioni sono tutte rivolte verso di sé. Esse, infatti, sono come un boomerang che viene lanciato a che, se anche sembra stia andando avanti, alla fine ritorna indietro”

La prima delle due storie raccontate da Shiraishi Kazufumi, quella che da titolo alla raccolta, parla certo di inadeguatezza, di ricerca di un posto nel mondo, ma anche di amore, di lavoro, di famiglia, di morte e di malattia: dei grandi temi, che sono il filo conduttore della vita tutta. Vita ingiusta spesso, inadeguata essa stessa alle nostre esigenze


“Molti dei problemi di questo mondo non derivano da quello di cui abbiamo o non abbiamo bisogno, ma soltanto dal fatto che nasciamo da un errore di combinazione e di distribuzione. A chi necessita di questo viene dato quello, a chi necessita di quello viene dato codesto e chi ha bisogno di codesto riceve questo. Non è forse a causa di questa confusione che il mondo, pur continuando a girare, rimane sbilanciato e confusionario?”


Nella seconda storia, invece, dal titolo A una persona insostituibile, una donna Miharu sta per sposarsi senza troppa convinzione


«Dimmi, Miharu, quella persona ti piace davvero?»
Naoya aveva optato per il sake caldo. Era già al terzo tokkuri.
«Di certo non lo odio! Ma chissà se lo amo. Lui è gentile e rassicurante».
«Ma che dici? Sposi qualcuno con un “chissà”?»


ma continua a tessere una relazione con il suo ex capo, un uomo violento ed egoista, ma dal quale Miharu non riesce ad allontanarsi.

Anche in questa seconda storia Shiraishi Kazufumi, dà grande spazio al mondo del lavoro e della famiglia, quella famiglia che può deludere e tradire, ma che resta comunque famiglia. Anche in questa storia emerge la disillusione, l’impossibilità di poter andare contro a ciò che la vita ci ha proposto


«Il matrimonio è qualcosa da fare quando si è completamente a posto con il proprio sé. È meglio non farsi illusioni pensando di poter cambiare qualcosa in se stessi o nell’altra persona o, addirittura, di poter diventare una persona diversa»


Entrambi i protagonisti, Akio e Miharu, sembrano essere alla ricerca di un punto fermo, di qualcuno che sappia comprendere la loro natura, guidarli forse. O, forse, semplicemente accettarli per quello che realmente sono.

Molto interessante la postfazione a cura di Deborah Marra, traduttrice del libro.