Ned e la balena

Robbie Arnott – NN editore – traduzione Guido Calza

“La balena impazzita […] aveva levato i suoi tre metri e mezzo di pinna sopra la nostra barca presa a nolo, oscurando il chiaro di luna, pronta a ridurci a un ammasso di detriti rossi. Anche se poi non lo aveva fatto […] Con colossale delicatezza aveva postato la coda nell’acqua accanto a noi. Aveva emesso uno spruzzo di vapore dallo sfiatatoio. Si era girata sulla schiena e ci aveva mostrato le morbide striature del suo ventre. Si era contorta nell’acqua così da venirci vicino con il suo occhio immenso, a un paio di metri dalla barca. Un occhio di una familiarità sconvolgente, nel suo calore da mammifero. Un occhio pieno di chiarore stellare: un occhio illuminato da una cielo in penombra.”


Ned custodisce gelosamente il ricordo del giorno in cui il padre, assieme ai due fratelli maggiori, lo ha portato a vedere la balena. Il giorno in cui ha visto la paura da vicino. Il giorno in cui tutti gli uomini della famiglia si sono trovati riuniti al cospetto del pericolo


“Il motore si accese con uno sbuffo di fumo. Lui lo lasciò in folle. Si rivolse ai figli. «Quando si ha paura di una cosa, ragazzi, è molto meglio cercare di capirla». Posò una mano sulla testa di Ned, e la sua pelle ruvida fermò i brividi del ragazzo. «Vederla da vicino».”


Siamo in Australia, Ned e la sua famiglia coltivano un frutteto. Sono passati dieci anni da quel giorno della balena e a Limberlost (questo il nome della tenuta) ora vivono solo Ned, il padre e la sorella: la madre è morta dando alla luce Ned, i due fratelli sono partiti per la guerra e Ned teme di non vederli più tornare.
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Ned e la balena è una storia di formazione: la narrazione alterna momenti in cui vediamo Ned ragazzino, con il sogno di possedere una barca per andare a cercare la balena impazzita,


“Poi c’era la faccenda dei cappelli, dell’orgoglio ingiustificato di suo padre, delle ombre lontane dei fratelli in guerra. E il fatto di desiderare tanto una barca, di desiderarla più di ogni altra cosa. Era una smania così profonda che nessuna dose di vergogna o di forza di volontà gliel’avrebbe tolta dalla testa”

In cui ci racconta l’amicizia con il suo vicino di casa e la comparsa di Callie della quale poi il nostro protagonista si innamorerà.
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A momenti in cui Ned è già adulto, ha già fatto le sue scelte,  ha già commesso alcuni errori, ha i suoi ricordi da raccontare.
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A mio avviso, ma potrebbe trattarsi di un mio gusto personale, la narrazione è un po’ squilibrata tra una parte molto dettagliata che riguarda il sogno di Ned, quella barca che occupa pagine e pagine di narrazione: prima come sogno, poi come realtà, infine come ricordo;


“… forse stava solo sperimentando la verità: che la barca era una meraviglia addirittura inconcepibile. Che la sua tinta dorata lo travolgeva con la sua intensità. Che le sue linee pulite, il modo in cui fendevano l’aria anche da ferma, avevano un che di selvaggiamente bello. Pareva balzare verso il fiume, come per correre a casa.”


e la parte che viene, sempre a mio avviso, troppo poco raccontata, ovvero Callie che è sulla carta un personaggio affascinante e interessante, ma viene poco indagata, come viene poco raccontata la storia d’amore tra i due. Storia d’amore che c’è, ma che l’autore sceglie di farci vedere quasi come già acquisita.
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Probabilmente questo è un romanzo più adatto a un pubblico giovane, a quei ragazzi che cercano l’avventura e un personaggio con il quale potersi immedesimare. Anche perché questo è un romanzo per chi cerca una storia, non per chi cerca una scrittura particolare o ricercata. Qua mi sento di dire che la scrittura ha un ruolo secondario, quello di tramite, quello di “mezzo di trasporto”, è un po’ come quella barca che Ned sogna di far scivolare docilmente nel fiume. Scivola, appunto, via. Anche se, in un paio di situazioni, una nota stonata (non so se dovuta alla traduzione o alla scrittura proprio), crea un inciampo che fa rallentare un poco la corsa.
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Un romanzo che ci parla di sogni e di famiglia, che ci invita a lottare per i sogni e per la famiglia. Che ci ricorda che la speranza, a volte, può riscuotere un premio finale