Anna Beecher – Atlantide – traduzione Clara Nubile
“A Natale sei tornato a casa, dimagrito. Quella magrezza inaspettata ci ha fatto ridere: il collo lungo e pallido, e le spalle che non riempivano più il cappotto. Se fossi stato una giovane donna, la mamma e io avremmo osservato le tue clavicole sporgenti e i polsi magri, e ci saremmo scambiate uno sguardo. Avremmo trovato un momento tranquillo per parlarne, cambiando in fretta argomento se tu fossi entrato nella stanza. Ti avrei portato a fare una passeggiata, tu e io da soli, inventato una scusa per andare all’edicola e chiedendoti di venire come me. Poi, tornando a casa per le strade silenziose ti avrei chiesto, fingendo indifferenza, se andava tutto bene…”
Siamo a pagina 19 di Miracoli, un romanzo che inizia con il miracolo più celebrato: la nascita. La nascita di Joe, quello stesso Joe che a Natale di pagina 19, quando ha poco più di vent’anni, troviamo dimagrito e capiamo subito essere quello l’indizio della malattia che di Joe si impossesserà.
“Adesso, a volte, mi ritrovavo a snocciolare i fatti: piccoli oggetti sicuri che potevo trovar in tasca, se ci infilavo dentro la mano. La colonna di Nelson è alta cinquantadue metri. St. Martin-in-the-Fields è stata costruita nel 1721, ed è a lei che si ispira il municipio del film Ritorno al futuro, Joe ha il cancro. La cacca di piccione corrode la pietra di Portland.”
E forse dovrei dire che Miracoli è un libro che parla di un ragazzo che suonava il violino e sognava il grande amore, ma che ora è malato di cancro
“Ma tu volevi un altro tipo di amore. L’amore di quando un’altra persona ti sceglie, e tu la scegli. Volevi che qualcuno ti notasse e che si sentisse attirato da te, con urgenza. Anche tu ti saresti sentito attirato da quella persona. L’avevi visto. La gente che si fa luce, illuminandosi a vicenda. Quel modo affamato di ascoltare, un ginocchio che scivola tra le altre ginocchi, e là resta, stretto forte.”
Di una sorella, Emily, che vive e ci racconta questa storia.
Ma, secondo me, Miracoli non è questo, o non è solo questo, e non è nemmeno un libro che parla di elaborare un lutto, un dolore, una malattia, di cercare la felicità nelle piccole cose. Non è un romanzo “riparatore”.
Per me Miracoli è una storia che parla di rapporti, di famiglia, di caso anche. Di quelle fotografie che restituiscono immagini del passato, ciò che noi e la nostra famiglia siamo stati. È un libro che attraversa più generazioni, perché qua i protagonisti non sono solo Joe ed Emily, sono i loro genitori
“Penso a te, prima della nascita. Un bebè non pianificato, annidato nel corpo di nostra madre mentre viaggiava per il Messico. La sua scelta di tenerti. Un mucchietto di cellule che si allungava in un minuscolo anacardo, la forma che diventava umana. La tua presenza che la faceva vomitare sugli autobus polverosi, le faceva venire voglia solo del bianco delle uovo sode. Papà, accanto a lei,che mangiava i tuorli dal suo piatto. La loro scelta – prima ancora di questo – di sposarsi, di essere l’inizio di una nuova famiglia.”
Sono nonno Edward, che ha dovuto combattere con il pregiudizio e la timidezza, nonna Eleonor, fuggita da un matrimonio violento per rannicchiarsi tra le braccia di un uomo gentile, mettendo da parte il desiderio per la serenità.
C’è la similitudine tra Edward e Joe: la musica (Edward canta nel coro, Joe suona il violino), la gentilezza, una sorta di fragilità. C’è l’amore, ovviamente, e quella speranza che si impossessa di chi si trova ad affrontare la malattia di un proprio caro. Il volerci provare sempre, fino in fondo. Il volerci credere.
E, certo, la malattia c’è, il dover convivere con un familiare malato, il dover cercare di portare avanti quella che è la solita vita, non riuscendoci mai fino in fondo. Ma la malattia non è la protagonista, perché quando chiudi questo libro, ciò che ti porti a casa (oltre a un mare di lacrime) è la sensazione che
“A volte il mondo è così bello per caso”
Ed è che i veri protagonisti della nostra vita, come di quella di Emily e di nonno Edward, siano i ricordi, è la sensazione che anche chi non c’è più, in fondo, con noi ci sarà sempre
“Il mondo è così pieno di coloro che non ne fanno più parte.”
Sembra strano definire un libro che parla del dolore della malattia un libro lieve, carezza,ma per me è stato proprio questo:un libro che è mi ha lasciato la sensazione di essermi fatta un regalo

