Libro Vagabondo_Quarantaduesima tappa
Torno a Perugia solo dopo quattro mesi solo per incontrare Mannaggia e i suoi librai. Torno andando dritta verso l’obiettivo, ormai la strada la conosco, so dove parcheggiare la macchina (anche se ahimè questa volta il piazzale è occupato dal luna-park), conosco il rito del mini metrò, so dove salire e scendere (del resto sono le due fermate limite della corsa) e, una volta arrivata, so quali scale e quali vicoli percorrere, so dove si trovava Mannaggia, perché la volta precedente davanti a Mannaggia sono anche passata, non osando palesarmi, e proprio vicino a Mannaggia, all’ @osteria_ilgufo dove poi avrei scoperto che si tengono i gruppi di lettura mangerecci della libreria, io ho mangiano.
Mannaggia l’avevo già contatta in giugno, ma Carlo e Francesca mi avevano risposto troppo tardi, quando io, dopo aver fatto tappa in Tuscia e in Toscana, ero tornata a casa.
Insomma si può proprio dire che io questa libreria l’abbia corteggiata, che io questo incontro volevo, anzi dovevo averlo! E con più o meno queste parole ho esordito presentandomi a Carlo:
Francesca oggi non la incontrerò, oggi è il turno di Carlo, perché come scoprirò più tardi in libreria è praticamente impossibile incontrare entrambi: facciamo i turni nei giorni di orario continuato e ci alterniamo nei giorni con la pausa nel mezzo, mi spiega Carlo.
Carlo è romano, ma da Roma mi racconta di essere praticamente fuggito. Sarei diventato una brutta persona se fossi rimasto là, mi dice. Non riuscivo più a sopportare la vita a Roma: i costi sono esagerati e di certo non avrei potuto permettermi di aprire un’attività come questa, poi Roma è rimasta provinciale, ma con le dimensioni della città. A Perugia si sta bene, a Perugia si riesce a vivere anche con uno stipendio da part-time, come quello che sia io che Francesca portiamo a casa con la libreria.
Certo se il libraio fosse solo uno lo stipendio sarebbe pieno, e una libreria piccola come la nostra potrebbe anche essere gestita da uno solo di noi, ma non ci sarebbe più spazio per tutto ciò che c’è oltre alla libreria: gli eventi, il supporto ai festival, il gruppo di lettura, le presentazioni.
Chiedo a Carlo perché una libreria, quando appunto il guadagno è quello che è. Il suo sguardo sottolinea già l’assurdità della mia domanda, ma lui aggiunge Perché è quello che so fare, perché è l’unica cosa che mi piace fare. Anche se prima Carlo ha fatto altro; ma mi dice di essersi stabilizzato solo a trentatre anni, quando insieme a Francesca ha, appunto, aperto Mannaggia.
Fare il libraio è come fare il fruttarolo, mi dice, nel senso che devi conoscere bene il prodotto che tratti, e io conosco i libri non la frutta e la verdura,
ma come il fruttarolo anche il libraio deve gestire la parte burocratica e da Mannaggia quello è un compito mio. È una cosa che ho dovuto imparare, continua Carlo, ma ti confesso che non mi dispiace farlo, mi serve a tenere sotto controllo la situazione, a capire come si sta muovendo la libreria.
Poi, non so più perché siamo scivolati su questo argomento, ma Carlo mi parla dell’assurdità dell’apertura delle librerie in periodo Covid. Il libro non è un bene primario, diciamocelo, non si mangia con i libri, non si muore se per un poco non si legge un libro,
ma in quei mesi hanno deciso di far passare il nostro lavoro quasi come una missione, hanno deciso che il librai vendevano un bene primario per l’anima. Insomma è stata costruita tutta una narrazione romanzesca intorno alla nostra figura, dice.
Ma alla fine è stata solo una mossa per non darci contributi, e noi librai abbiamo anche dovuto rischiare venendo in negozio, quando ci eravamo organizzati benissimo con le consegne a domicilio. Finita l’emergenza Covid, il libraio è tornato a essere come un fruttarolo, quello che in fondo è, un negoziante, non un venditori di sogni.
Io capisco subito che Carlo non te le manda a dire, ha un modo di parlare diretto lui, senza alcuna diplomazia, e un attimo dopo me lo conferma anche lui, sono così anche con i clienti, dice.
Mannaggia è una libreria di piccole dimensioni, ma contiene centocinquanta case editrici indipendenti e i titoli presenti sono parecchi, insomma è una libreria che avrebbe bisogno di più spazio. Ma più spazio non possiamo permettercelo, mi dice Carlo. Vorremmo anche ampliare la scelta delle case editrici, ce ne sono ancora parecchie, specialmente per i bambini, ma dobbiamo studiare come farlo. E, in effetti, in libreria non c’è molto spazio di manovra penso io, ma penso anche che è molto bello vedere che ogni possibilità è occupata da libri, che nessuno spazio è lasciato vuoto. A lui dico che una libreria di piccole dimensioni con così tanti volumi io non credo di averla mai vista e
Carlo mi dice che possono permettersela perché lavorano direttamente con le case editrici, perché hanno un rapporto di conto deposito e dice che quella dovrebbe essere la soluzione per tutto. Perché è l’unica soluzione che permette a una piccola libreria di andare avanti.
Certo ci vuole precisione e correttezza da entrambe le parti. Bisogna potersi fidare l’uno dell’altro, ma poi funziona e bene.
Da Mannaggia si trova solo editoria indipendente, le eccezioni sono fatte solo per i classici, perché quelli in negozio dobbiamo tenerli, dice Carlo e poi mi porta nella seconda stanza della libreria, quella dietro alla sua postazione, e mi mostra alcuni libri usciti per Mondadori, classici ovviamente, ritorni, dicendomi che Mondadori sta facendo cose buone in questo campo, mi fa vedere I libri degli altri di Calvino, l’unico libro di Calvino che non ho letto, aggiunge. Poi mi mostra le pubblicazioni delle opere di Dick, sempre di Mondadori, vedi hanno fatto un lavoro bello anche a livello estetico, mi dice.
Sottolinea che non basta dichiararsi libreria indipendente per esserlo. Non basta se poi metti in bella mostra davanti alla cassa l’ultima uscita mainstreim, mi fa capire che essere indipendenti è quasi un credo.
E non basta essere casa editrice indipendente, continua Carlo, se le proposte che fai sono mainstream, è troppo facile così. Una casa editrice indipendente deve rischiare, deve fare la differenza, fare esercizi di scrittura, puntare sulla sperimentazione.
Gli chiedo quali sono le case editrici che preferisce, gli dico non lo scrivo, resta tra di noi. Scrivilo pure a mio nome, dice Carlo, non a quello di Mannaggia. Dimmene cinque, allora, dico io:
Safarà
Wom
Rina
Del Vecchio
Tic
Queste stanno facendo un bel lavoro, ma ne lascio fuori troppe, aggiunge, dirtene solo cinque è limitante. Dentro di me inquadro Carlo come un libraio indipendente integralista, dai gusti particolari e, forse, complicati e già inizio a temere per la scelta del libro vagabondo… Mi piacciono i romanzi brevi, i racconti, mi dice Carlo. Mi piace quando la scrittura è la parte fondamentale del romanzo, la storia viene dopo. Mi piace, appunto, quando si fa qualcosa di nuovo e di valido con la scrittura.
Mi dice che, però, quando consiglia un libro a un cliente cerca di mediare un poco i suoi gusti con quelli che potrebbero essere i loro, mi chiede qual è l’ultimo libro che ho letto e che mi è piaciuto e quando glielo dico, aggiunge, abbiamo gusti diversi mi sa. Ma per esempio Bontempelli pubblicato da @utopiaeditore potrebbe essere un buon compromesso e mi riporta lo stesso esempio quando chiedo se i gusti di Francesca sono simili ai suoi.
Gli domando di raccontarmi perché hanno deciso di chiamare la libreria in questo modo.
Mannaggia! È un’imprecazione, mi risponde, e data la vita dei librai, le imprecazioni in una libreria si sentono spesso. Ma soprattutto Mannaggia è il titolo di un mio vecchio racconto, aggiunge, quello laggiù e mi indica una cornice rossa appesa alla parete. In quel racconto un uomo regala alla sua donna un pianeta a pezzetti che lui ha ricostruito, un pianeta ideale dove poter vivere meglio e insieme, e quel pianeta si chiama, appunto, Mannaggia.
A me e a Francesca piaceva l’idea che quel pianeta dove poter vivere meglio fosse fatto di libri, da questo la scelta del nome.
Libri da un altro mondo, il sottotitolo della libreria, immagino si riferisca alla vostra proposta indipendente, dico. Sì, mi risponde Carlo, anche se ha attirato diverse persone che cercavano la libreria esoterica che era aperta poco più in là. Del resto le nostre proposte di lettura attirano i lettori più disparati, un po’ di tutto insomma. Quelle genti mannaggiche alle quali la libreria si rivolge nei social, quelle genti che frequentano appunto il pianeta Mannaggia.
Carlo è anche scrittore, ha pubblicato più di dieci libri, oggi pubblica con @piedimosca_edizioni , ovviamente romanzi brevi come quelli che piacciono a lui. Quando gli chiedo perché scrive, non mi risponde o forse veniamo interrotti dall’ingresso di una cliente; comunque posso immaginare che lo faccia per lo stesso motivo per il quale fa il libraio. Perché sa farlo e perché gli piace farlo (smentiscimi Carlo se sbaglio…)
La chiacchierata con Carlo è stata davvero bella e mi ha dato spunti molto interessanti, lo saluto pensando che questo dovrebbe essere il lavoro del libraio, stimolare, incuriosire il lettore e portarlo su strade un poco meno confortevoli. Dopo un po’ che me ne sono andata ricevo un messaggio su Instagram con ringraziamenti e cuori, sono Francesca dice poco dopo quel messaggio. Ah ecco, rispondo, i cuori non erano proprio cosa di Carlo. Rido e forse lo fa anche @framannaggia
Penso che forse un pianeta basato sui libri e la loro lettura sarebbe un posto migliore dove vivere
e poi mi viene in mente che una cosa non ho chiesto a Carlo, certo Mannaggia si chiama Mannaggia per via di quel pianeta, di quel racconto, ma perché quel pianeta si chiama Mannaggia?
Il quarantaduesimo #librovagabondo scelto da Carlo è un buon compromesso tra il mio gusto e il suo, almeno così mi ha detto.
Mannaggia Libreria è a Perugia, via Cartolari 8
ha un sito
una pagina Instagram
una pagina Facebook









qui è dove potete conosce Carlo e ascolatare la sua risposta alle cinque domande

