L’uomo dei dadi

Luke Rhinehart – Marcos y Marcos – traduzione Marina Valente

«Se qualche volta fumasse in un modo» continuò «qualche volta in un altro, qualche volta per niente, se avessi variato il modo di vestirmi e se fossi stato nervoso, sereno, ambizioso, pigro, avido, lussurioso, ascetico… dove sarebbe il mio io? Cosa avrei concluso? È il modo che un uomo sceglie per limitarsi che determina il suo carattere. Un uomo senza abitudini, coerenza, ridondanza – e quindi noia – non è umano. È pazzo.
[…]
«E accettare queste limitazioni auto-distruttive sarebbe sanità mentale?»


Dopo una delle solite serate passata a giocare a poker Luke Rhinehart si rende conto di essere annoiato dalla solita vita: è uno psicanalista di successo, ha una moglie splendida e dei figli che lo sono altrettanto, ma lui si annoia. Così al termine della serata tira i dadi e lascia decidere a loro se andare a dormire o tradire Lillian, sua moglie, con la moglie del suo collega e migliore amico. I dadi decidono e tutto ha inizio


“Chi sono io per mettere in discussione la scelta del dado?”


E ha inizio come un gioco per sfidare il caso, forse, ma poi il dado prende il sopravvento e ogni singola decisione di Luke viene affidata a lui.

Luke Rhinehart è il nome che compare in copertina come autore del romanzo e Luke Rhinehart è anche il nome del nostro protagonista, dato che quella che ci viene raccontata è un’autobiografia. Un’autobiografia (del tutto?) inventata, dato che l’autore del romanzo è George Crockford e dato che gran parte della storia risulta essere davvero un viaggio psicadelico, assurdo, azzarderei dire impossibile


“Io sono rinato a ogni verde caduta di dadi e coi dadi ho eliminato i miei precedenti. Il passato […] è un insieme di eventi illusori creati da una maschera di pietra per giustificare un illusorio presente stagnante. La vita scorre e l’unica possibile giustificazione di un’autobiografia è che per caso sia stata scritta. Come questa. Un giorno una creatura più alta scriverà la quasi perfetta e totalmente onesta autobiografia: “Vivo””


E Luke vive, vive una vita dettata interamente dal caso, schiavo del dado, dove il dado sarà il suo unico padrone.


“Poteva esistere un uomo totalmente a caso?”

 

Per Luke e per quelli che poi saranno i suoi discepoli, l’uomo è prigioniero delle convenzioni, di ciò che deve essere, di ciò che è diventato. Vive uno schema, ma se quello schema fosse travolto da decisioni prese completamente a caso? Dal poter cambiare ogni giorni recitazione, personaggio da interpretare? Essere un Io differente a ogni tiro di dado…


“Stavo tentando di permettere che un desiderio, il desiderio di uccidere il mio vecchio io e di apprendere qualcosa di nuovo sulla natura dell’uomo, dominasse la grande maggioranza dei miei rimanenti desideri. Era una lotta ascetica, religiosa”


Ovviamente affidarsi totalmente al caso avrà delle conseguenze, perché tra le scelte che affidi al dado ci possono essere anche strade che non avresti voluto percorrere o che non pensavi di voler percorrere, strade non eticamente corrette, punibili, devastanti, autodistruttive.


“Era una lezione che avrei imparato molto volte in lanci successivi; il dado può dimostrare la stessa mancanza di buon senso di un essere umano.”


Posso dire di essermi divertita leggendo L’uomo dei dadi, anche se forse è un po’ troppo lungo in alcuni passaggi, tanto che avrei voluto tirare i dadi e chiedere: posso saltare qualche pagina?
Scherzi a parte, è un libro divertente sì, ma anche angosciante a mio avviso: un libro che fa pensare al fanatismo, a quelle sette dove l’assurdo è visto come ovvio.
Un libro che è stato scritto nel 1971 e che solo in quegli anni avrebbe potuto essere scritto: anni di libertà di pensiero e sessuale (e qua questa libertà c’è molto e molto raccontata…) e dove la donna spesso (qua quasi sempre) viene guardata come oggetto, viene guardata prima in certi attributi che negli occhi, per dire…

Un libro geniale, a tratti disturbante, ma sicuramente un libro che spinge il lettore a chiedersi se quella che sta vivendo sia l’unica via possibile, se quella che sta interpretando sia l’unica parte che gli è stata assegnata, o se aver accettato quella parte gli abbia precluso altri possibili ruoli.
Chissà, magari, provando a tirare i dadi…