L’uomo che voleva essere colpevole

Henrik Sangerup – Iperborea – traduzione Anna Cambieri

«Sono colpevole di omicidio!»
Ora fu lei a guardarlo adirata:
«Perché dici queste stupidaggini?»
«Ma è la verità!»
«Non esiste più la parola colpevole, lo sai benissimo anche tu…»


Il concetto di colpa è stato abolito nella società “perfetta”, o che alla perfezione aspira, dove Torben commette l’atroce atto di uccidere sua moglie. Lo fa in un eccesso di rabbia, in stato di ebbrezza, ma il punto è che lo fa. Il punto è che lui vuole essere dichiarato colpevole, ma quello che succede è che dopo un periodo in ospedale psichiatrico, dopo qualche conversazione con un psichiatra, Torben viene messo in libertà.


«Ma non potete lasciarmi andare così!» disse, rendendosi conto di quanto suonasse patetico. «Io sono colpevole! Di omicidio! Ho ucciso mia moglie!»
[…]
«Colpevole!» esclamò con un tono di leggero disprezzo. «Lei sa bene che la società sta cercando di abolire una volta per tutte il concetto di colpa!»


Questo è il punto di partenza de L’uomo che voleva essere colpevole, una sorta del Processo di Kafka al contrario si legge nella quarta di copertina e di fatto questo è. Un uomo che lotta sapendo che nessuno lo ascolterà, un uomo che non accetta la società nella quale vive e che rimpiange le lotte fatte con la moglie, a fine anni Sessanta


“D’ora in poi non ci sarebbe stato altro che le riunioni AA, l’eterna condanna a un lavoro senza senso, in un ufficio con i suoi scontati mal di testa per lo squilibrio ionico, la televisione «educativa» tutte le sere, un’occhiata a Casa e Persona, notti insonni e senza neanche un’ombra di erotismo e, massimo divertimento, le gare della domenica per il bonsai più bello tra i coinquilini. E, per finire la pensione, con trasferimento d’obbligo nei più moderni, più attrezzati e più noiosi ospizi del mondo, con accesso diretto al crematorio, Vedeva già tutto perfettamente, fino al giorno in cui avrebbe perso la forza di resistere e avrebbe riconosciuto la sua «concezione individualistica del mondo», la sua «asociale psicosi di fuga», il suo «egocentrismo» (e tutte le altre espressioni usate dagli Assistenti per indicare ciò che non era socialmente accettabile). Avrebbe rinunciato ai suoi sogni…”

 

Stangerup con questo romanzo ci racconta una società di un futuro prossimo, un futuro dove il concetto di socialismo vuole sradicare completamente quello di individualismo. Dove ci sono corsi che insegnano a non essere aggressivi, dove esistono uffici che dividono le parole negative da quelle positive, impiegati che studiano il modo di rendere più digeribili quelle parole negative: così “ritenuta fiscale” diventa “contributo per la sicurezza” (e io ho pensato subito a quel “diversamente giovane” o “diversamente” qualsiasi cosa tanto in voga oggi). Un mondo dove tutti i libri sono stati sostituiti da i soli che hanno concetti non inquietanti, concetti “uniformati”. Un mondo dove per diventare genitore devi ottenere la tessera di mammaepapà. Un mondo dove i malati di mente vengono rinchiusi nel Parco della Felicità , e permesso “di vivere i loro sogni fino in fondo”.

Un mondo dove ci si sente sempre sotto osservazione, perché, come quel mondo, anche tu individuo devi tendere a essere immacolato. Dove il protagonista vorrebbe una punizione, ma una punizione non gli può essere data.


«Una volta quando si veniva puniti, si sapeva quando durava la pena. Se erano quattro anni di prigione, erano quattro anni, e magari si usciva anche solo dopo due o tre. Ora mi hanno punito portandomi via mio figlio, e non ho la più pallida idea se potrò mai riaverlo. Perché non si tratta di punizione. Perché non sono colpevole. Sono solo mentalmente squilibrato.»


L’uomo che voleva essere colpevole è un libro denuncia contro un’uguaglianza portata all’estremo, contro la perdita dell’individualismo, contro un società che pare nascondere la polvere sotto al tappeto (o chiudere entrambi gli occhi) pur di restituire una realtà ottimistica.
Tu lettore vivrai l’angoscia di Torben, ti sentirai impotente come lui. Vorrai urlare contro l’ingiustizia di vederlo camminare liberamente per la strada. Vorresti urlare che Torben deve pagare per ciò che ha fatto: che Torben è colpevole, che Torben ha ucciso sua moglie in modo brutale.