L’occhio della montagna

Sara Baume – NN editore – traduzione Ada Arduini

 “Un anno prima di conoscersi avevano entrambi viaggiato in direzioni opposte a bordo di autobus a due piani, che in centro città si erano sfiorati rompendosi reciprocamente lo specchietto. Lei era seduta di sopra, a destra, in un posto lungo il corridoio centrale. Lui era di sotto, in piedi vicino alla rastrelliera portabagagli. Quando gli specchietti si erano incrinati Bell e Sigh non si erano resi conto di nulla.
Non avevano motivo di sospettare che in futuro si sarebbero incontrati.
Non avevano motivo di sospettare           che il loro sarebbe stato
                                                                                         un unico futuro.”

Bell e Sigh si sfiorano ancora prima di incontrarsi e di innamorarsi. Poi succede: si incontrano, si innamorano e decidono di andare a vivere insieme

“Erano andati a vivere insieme l’inverno successivo all’estate in cui si erano conosciuti. Mentre erano nel vialetto a contemplare il panorama a entrambi era venuta l’idea che forse un giorno – un giorno con un clima mite – sarebbero saliti sulla sporgenza che avevano davanti e che svettava su di loro,      decisamente
     più grande di una colina
                                                                                                                                             ma più piccola
  di una montagna.”

Decidono di lasciarsi dietro tutto: amici, famiglia, abitudini, città. Decidono di iniziare una nuova vita tutta loro, solo loro. Solo di Bell e Sigh e dei loro due cani. Una vita in mezzo alla natura, nella campagna irlandese, ai piedi di un monte che è poco più di una collina. Una vita con poche pretese e poche cose intorno, una vita che, piano piano, dimentica tutto ciò che non è lo spazio e il tempo di Bell e Sigh. Perché tutto il resto diventa inutile

“E parlavano
di quanto fosse diventata piccola la loro vita,
quasi nulla;
di quanto sembrasse improbabile che esistesse ancora lì, là fuori, una società diversa         da quella delle loro due stanze.”

L’occhio della montagna ci riporta a una dimensione fatta di piccole cose, di amore forse, di avere accanto la persona con la quale si può condividere anche la solitudine più sola. Perché per i due protagonisti del romanzo di Sara Baume, l’incontro con gli altri è visto come un’intrusione alla loro routine, al loro ritmo, alle loro parole. Sia che siano “altri” del presente

“Una gita riuscita era quando non incontravano nessuno.”
Sia che siano del passato 
“Il quinto agosto risolsero il problema dei vecchi amici comprandosi ciascuno una nuova SIM.
Nella nuova lista dei contatti, Bell salvò il numero di Sigh.
Nella nuova lista dei contatti, Sigh salvò il numero di Bell.”

E pagina dopo pagina la Natura prende sempre più possesso della vita di Bell e Sigh, proprio come quando un sentiero di montagna viene trascurato e, piano piano, cespugli disordinati invadono tutto, escludendo il passaggio, escludendo l’intrusione dell’estraneo. La Natura diventa predominante sui ricordi del passato. Ed è una Natura fatta di vegetazione, di animali, di panorami. Di particolari.

“A quel punto certe parole erano cadute in disuso –
       Scala mobile, maniglia dell’autobus, busta paga.
A quel punto Bell e Sigh avevano imparato a conoscere la superficie del campo davanti così come conoscevano le superfici della casa.”

Tutti quei particolari che Sara Baume ci racconta con una scrittura poetica, una scrittura che si concede anche “giochi” di struttura: degli “a capo” come nella poesia e spazi prolungati tra una parola e l’altra. Una scrittura musicale, ritmica, esatta.

E poi, ovviamente, mentre Bell e Sigh si assomigliano sempre più, quasi fossero diventati un’unica persona, alle loro spalle c’è il monte che pare osservarli, proteggerli, sfidarli

“Il monte restò non scalato
per i primi quattro anni che vissero lì.
Non scalato, mentre le morbide foglie del sicomoro invecchiavano e si indurivano.
Non scalato, mentre la corda sottile del bucato si sfilacciava e veniva sostituita da un filo d’acciaio con rivestimento di gomma azzurra,
                                                                           come una fetta ritagliata nel cielo.”

Quel monte che Bell e Sigh rimandano sempre di scalare, ma che forse un giorno chissà…

L’occhio delle montagna è stato una delle due proposto di Giorgia e Marilisa de La terza stanza e la scelta di Riccardo di Tralerighe, nella ottava puntata di #edopocosaleggo