L’isola dei senza memoria

Yoko Ogawa – Il Saggiatore – traduzione di Laura Testaverde

«Peccato, però, che la gente dell’isola non sappia custodire per sempre nel proprio cuore le cose belle: finché vivono qui, sono destinati a perderle tutte, una dopo l’altra. È probabile che arrivi presto anche per te il momento di perdere qualcosa per la prima volta.»
«E… fa paura?» le chiesi preoccupata una volta.
«No, stai tranquilla: non è né doloroso né penoso. Ti sveglierai nel letto un giorno e sarà tutto finito, prima che te ne accorga.»


Ne L’isola dei senza memoria di Yoko Ogawa (che ci arriva nella traduzione di Laura Testaverde per Il Saggiatore) gli abitanti si svegliano ogni mattina chiedendosi se qualcosa di nuovo sarà sparito, cosa dovranno iniziare a, eliminare prima, dimenticare poi. In questa isola senza nome, oltre che senza memoria, non è concesso avere dei ricordi; chi non perde la memoria di ciò che non esiste più è perseguitato dalla polizia, ricercato per poi sparire senza lasciare tracce.

Dall’isola, negli anni, sono spariti i profumi, le caramelle di zucchero, gli uccelli, le rose


“Il roseto senza rose aveva un aspetto spoglio e insignificante. Stringeva ancora di più il cuore vedere i segni lasciati dalla cura delle piante, come il posizionamento di stecche di sostegno e lo spargimento del concime. La terra ben nutrita produceva un rumore morbido. Fin lì non giungeva il frastuono dalla riva del fiume. Affondai le mani nelle tasche e camminai per la collina con la sensazione di essermi persa in un cimitero di ignoti.”


E, pagina dopo pagina, le sparizioni si fanno sempre più importanti. Ma gli abitanti non contestano, si adattano a questo, sanno che il vuoto lasciato dalle sparizioni diventerà normalità.


«Siamo in grado di accogliere qualsiasi vuoto»


Sanno che il regime totalitario che li governa non permetterebbe loro nessuna opposizione.

Ma ci sono coloro che non possono dimenticare, gli unici che sono in grado di raccontare ciò che è stato, coloro che devono essere nascosti e protetti.

E, la nostra protagonista (senza nome come accade spesso nei romanzi di Yoko Ogawa), che ha già perso per questo motivo la madre, con l’aiuto di un fedele aiutante, nasconderà in una botola sotto al pavimento un amico, oltre che suo editor

Immagine del profilo di moniam69
 

«Le cose che sono scomparse dall’isola fino a questo momento, le hai ancora tutte dentro di te, vero?»
«Non so se si possa dire “tutte”. Perché i ricordi non si sommano semplicemente gli uni agli altri, ma evolvono nel tempo. Capita anche che qualcuno scompaia. Però si tratta di una cosa completamente diversa dalle sparizioni che capitano a voi.»
«In che senso diversa?» chiesi, carezzandomi le unghie.
«I miei ricordi non vengono mai estirpati del tutto, alla radice. Anche se non sembrano più visibili, ne rimane un’eco da qualche parte. Come un piccolo seme: se per caso torna a piovere, germoglia di nuovo. E poi, anche se il ricordo svanisce, capita che il cuore ne conservi una traccia: un fremito, un dolore, una gioia, una lacrima…»

Perché la nostra protagonista è una scrittrice che sta scrivendo una storia su una donna che, a un certo punto, perde la parola e sarà in grado di comunicare solo utilizzando una macchina da scrivere. Un romanzo dentro al romanzo e, in entrambi i casi, protagonista è la mancanza, la perdita e… l’angoscia di chi legge.

L’isola dei senza memoria è un romanzo distopico, dove il potere incombe su una popolazione privandola della libertà di ricordare, ma anche la libertà di vivere, in fondo, o di andarsene altrove: dove può sparire un carillon, ma anche un tipo di lavoro o il sole. O i libri…

Ed è anche un romanzo che ci racconta una storia d’amore impossibile

«… Non vedi come ora il mio cuore e il tuo sono così terribilmente lontani tra loro? Il tuo cuore sente cose piene di calore, serenità, freschezza, suoni e profumi, mentre il mio non fa che ghiacciarsi sempre di più. A un certo punto si sbriciolerà, si frammenterà in tanti chicchi di ghiaccio per sciogliersi in un posto irraggiungibile.»

Un romanzo che ci parla di cuori che si deteriorano mentre perdono la capacità di ricordare, ma forse non di amare, non di essere empatici e di soffrire anche. Un romanzo sul potere della memoria, ma anche sulla libertà; un romanzo che pare dirci di fare attenzione a ciò che permettiamo che ci portino via. Che sia un oggetto, che sia un diritto, che sia la capacità di sentire con il cuore.