Tatiana Țîbuleac – Keller – traduzione Ilenia M. Pop
“Questa era mia madre la mattina in cui compì trentanove anni.
Fosse stato per me, l’avrei portata dallo sfasciacarrozze, a cominciare dai capelli. Un’unica cosa stonava in tutta questa storia: gli occhi. Mia madre aveva gli occhi verdi talmente belli che sembrava uno sbaglio sprecarli su una faccia lievitata come la sua”
Questo romanzo inizia con il protagonista che dichiara di odiare sua madre
Una donna che vede brutta, una donna che si veste male e che porta i capelli acconciati in modo ridicolo, stupida anche, una donna della quale si vergogna. Ma, soprattutto, una donna che lo ha rifiutato per rinchiudersi nel dolore della perdita di un’altra figlia, Mika
“Penso spesso a come sarebbe stata la nostra vita se Mika non fosse morta. Se quell’inverno freddo, d’improvviso, non si fosse persa come si perdono le caramelle nelle tasche dei bambini poveri. Mika era il nostro collante, il nostro caro ragno, che ci aveva acchiappato come moscerino nella sua ragnatela incantata e ci teneva lì tutti ammucchiati.”
Ma questa è l’estate in cui quella donna, sua madre, gli chiederà di trascorrere le vacanze in un paesino francese, insieme, e Aleksy, il nostro protagonista, accetterà con l’intenzione di scappare alla prima occasione,
“Se fossi uscito in quel momento[…] La mia vita sarebbe stata diversa, o quantomeno l’estate lo sarebbe stata, anche se in principio non c’era differenza. Alla fine, però, non mi mossi. Mi sedetti a tavola con mia madre, a mangiare popcorn e a bere birra per colazione”
E sarà un’ultima estate la loro, fatta di riconciliazione, di riavvicinamento, di confessioni
“la sua risposta fu che una decisione stupida deriva da un’altra decisione stupida. Un indumento brutto e dozzinale ne attira altri brutti e dozzinali. Uno schiaffo perdonato sarebbe sicuramente stato seguito da un pugno, e una bugia creduta si sarebbe trasformata in un cimitero di verità. La sua coda da sirena – che, tra l’altro, sapeva bene che dava sui nervi a tutti quanti – era il completamento di una vita triste e senza senso. Se avesse cambiato anche solo quello, il resto sarebbe stato ancora più evidente.”
e tenerezze. Di pane e uova fresche, di mercatini e di viaggi in bicicletta. Di un ragazzo che inizia a conoscere e a capire quella madre che ha sempre disprezzato: una madre che, mentre dimagrisce ogni giorno di più, diventa più bella.
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“un’estate illegittima” la loro. Un’estate di formazione per Aleksy, che lo porterà a vedere le cose in modo molto diverso. A diventare genitore di sua madre, a prenderla in braccio e accudirla, ad accarezzare con gli occhi ogni momento trascorso insieme
“Sapevo che qualunque cosa sarebbe successa quel giorno e quell’estate, sarebbe stata per sempre”
L’estate in cui mia madre ebbe gli occhi verdi è un romanzo che non può lasciare indifferenti; un romanzo che, come è indicato nella quarta di copertina, alterna asprezza e tenerezza. Un romanzo dove l’autrice sceglie di non raccontarci proprio tutto, di farcelo intuire a volte, di lasciarci il dubbio altre. Di farci ricostruire i pezzi nel proseguire di una narrazione che fa incontrare il passato di quell’estate ormai lontana e il presente di un Aleksy ormai cresciuto, ormai famoso, ma in lotta con quei fantasmi che non lo hanno mai abbandonato del tutto.
E poi c’è il paesino francese, i suoi abitanti, il sospiro dell’oceano e la sensazione che non è mai troppo tardi per immagazzinare bei ricordi, anche quando forse troppo tardi sembra essere…
“I bei ricordi, invece, sebbene pochi e sbiaditi, occupano molto più spazio rispetto a tutti i miei archivi pieni di pus messi insieme, perché una sola bella immagine contiene vissuti, odori e ricordi che durano giorni interi. Questi ricordi sono la parte più preziosa per me. la perla lucente nata dall’ostrica putrida. Il germoglio verde della carogna umano che sono.
[..]
Anche così, di tutti i ricordi-gemme che porto sempre con me sperando che un giorno – dopo che mi sarò disfatto di questa brutta copia di vita che vivo adesso – diventino di nuovo realtà, solo uno è il cuore. Solo uno ha il potere di dissolvere il nero, la muffa e la disperazione.
Il girasole”
E anche io, credo, che di quell’estate lì, quella di questo romanzo, mi porterò sempre con me un ricordo: quello di Aleksy e sua madre sulla bicicletta, abbracciati.

