Lei che non tocca mai terra

Andrea Donaera – NN editore

“Non ho mai cercato un motivo.
Penso che è così che nascono le ossessioni, Uno qualunque vede una persona qualunque. Ma a lui, quella, non gli sembra una persona qualunque. Gli sembra come se quella persona è tornata. Uno qualunque si convince che è tutta la vita che prova a ricordarsi qualcosa: e quel qualcosa è quella persona qualunque – quel modo di muovere il ginocchio, quel trucco nero messo attorno agli occhi in modo che sembrano ancora più azzurri di come sono.
Penso che è così che nascono le ossessioni: quando cerchiamo qualcuno che ci possa salvare, e ci convinciamo di averla trovata, poi, quella persona. Per me tu sei quella che può salvarmi. Anche se non è vero, anche se magari sono io, in realtà, a dover salvare te: a me basta credere che tu sei la salvezza mia – l’ossessione mia. È una cosa che sembra un po’ malata, lo so. È una cosa che mi serve più dell’aria, però. È una cosa che non mi fa pensare alla voglia di non essere mai nato.”

In Lei che non tocca mai terra, c’è Miriam e c’è ciò che ruota intorno a Miriam. C’è un prima e c’è un dopo il momento in cui Miriam è finita a essere lì, in un letto, in coma. Ci sono, soprattutto, tutte le parole che gli altri le raccontano per farla tornare in questo mondo, per farle aprire gli occhi.

C’è un padre e una madre con le loro colpe e con la loro disperazione, c’è un’amica che ha abbandonato Miriam per andare a vivere in una città del Nord

“Niente al mondo è fato per rimanere. Niente al mondo è fatto per ritornare. Scoprire questo significa soffrire”

e c’è soprattutto Andrea con il suo amore, forse, malato, forse semplicemente amore. E c’è Miriam che parla, pensa e pare anche rispondere.

C’è una storia legata al passato e un personaggio oscuro, un esorcista, un uomo ascoltato e seguito. C’è una verità che viene a galla un tassello per volta, nella splendida narrazione di Donaera.

Una storia che raccogliamo a pezzi, che ricostruiamo mettendo assieme quei pezzi che ogni protagonista ci viene a raccontare (o va a raccontare a Miriam in una sorta di confessione, di espiazione), quei pezzi nei quali si sente diviso Andrea

“Pezzi, schegge, tipo di uno specchio rotto, che nella mia testa, se li mettevo insieme, costruivano una versione di me migliore, accettabile – ho sempre dato per scontato che così com’ero non andavo mica bene, c’era bisogno di un altro, c’era bisogno di qualcosa di più, di meglio. Li montavo senza sosta, quei pezzi, quelle schegge. Fino a quando nello specchio strano e distorto che mi allestivo non si rifletteva il mondo così com’era fuori di me.”

Sono spezzate le vite che ci racconta Andrea Donaera, sono vite che cercano salvezza e ognuno la cerca a modo suo, nella convinzione di perseguire la strada giusta, a ogni costo. Che sia amore, che sia fede, che sia il rancore per un passato non dimenticato, che sia il linguaggio, il parlare. Ed è bello molto questo romanzo, lo è dalle prime righe in quell’incipit che, come ho già avuto modo di dire, “spacca di brutto” e ti cattura all’istante.

“Non voglio che mi ami. Voglio che resti.”

Lei che non tocca mai terra è il tredicesimo Libro Vagabondo, la proposta di Skribi di Conversano (BA)