La vocazione di perdersi

Franco Michieli – Ediciclo

“… la storia naturale mostra come non possedere una curiosità attiva per l’ignoto rappresenti un rischio molto più grave e letale di quello di perdersi.
[…]
… accontentarsi di basare il proprio vivere sull’abitudine o sulle tradizioni, senza mettere personalmente alla prova dell’esperienza ciò che si sa, e altro che ancora non si sa, rende incapaci di intravedere dove porta nel tempo il proprio stile di vita, e di cambiarlo quando un serio mutamento ambientale impedisce di mantenere i comportamenti sviluppati in precedenza. Inoltre, non dedicarsi a “cercare” spegne la vita spirituale, inaridendo le aspirazioni. La conseguenza è il collasso o l’estinzione dell’intera popolazione”

Ho scelto questo piccolo manuale affascinata dal titolo, lo confesso, non badando a quella montagna che troneggia in copertina, quella montagna che non amo esplorare, dove (appunto) ho paura di perdermi, di non trovare ciò che sento di aver bisogno di incontrare.

Michieli ci racconta il gusto della scoperta, il gusto di scegliere una strada senza basarsi su una mappa, oppure gettando un’occhiata alla mappa prima di partire, solo per capire il territorio, ma poi lasciarsi andare dall’intuito, da ciò che succede, da ciò che si incontra. Del resto, sostiene, le mappe non potranno mai raccontarci fino in fondo un luogo. Una mappa non racchiuderà mai tutto.

Internet oggi ci dà la possibilità di vedere i luoghi ancora prima di vederli, così pensiamo di conoscerli ancora prima di incontrarli. Attraverso gli altri, ma

“Così come ogni soggetto legge qualcosa di diverso in un’opera d’arte, in ugual modo ciascuno elabora interpretazioni differenti quando si immerge nel divenire di un territorio.”

Ed è questo che ci racconta e ci invita a fare Michieli: un viaggio in mezzo alla natura, lasciandoci guidare da umiltà e curiosità, perdendo

“gli stupidi fili d’Arianna, quelli che impediscono agli uomini di scoprire se il labirinto del mondo è fatto per perderci o per farci ritrovare invisibilmente su una via” 

Perché

«Le cartine sono delle guastafeste. Ci dicono prima cosa ci aspetterà lungo il cammino. È come guardare un film, di cui conosciamo nei dettagli sia la trama sia il finale»
(K.Passig e A. Scholz)