La vita sessuale di Gugliermo Sputacchiera

Alberto Ravasio – Quodlibet

“Un mattino d’agosto Guglielmo Sputacchiera si svegliò col muso sprofondato in un bel paio di seni: i suoi. In otto ore di sonno s’era trasformato in donna, creatura a lui sconosciutissima, che in trent’anni di vita non era quasi mai riuscito ad avvicinare, non dico per le acrobazie pubiche, ma anche solo per le informazioni stradali.”

Sono queste le primissime righe de La vita sessuale di Guglielmo Sputacchiera ed è subito Kafka ed è subito l’incontro con un autore che sa plasmare la lingua a suo piacimento. Che sa giocare con le parole, che sa far sorridere (anzi forse ridere proprio) con il suo raccontare.

Guglielmo Sputacchiera è una sorta di Fantozzi, un ragazzo ormai trent’enne a cui quasi nulla riesce. Un fallito che vive ancora in casa coi genitori, che non è riuscito negli studi, che non è mai riuscito a trovare l’amore se non per farsi calpestare, che abusa del porno via web, che è ancora vergine. Guglielmo Sputacchiera un giorno si sveglia in un corpo che non è suo o che, comunque, non è il corpo con cui è andato a dormire

«È la cosa peggiore che potesse capitarmi.»
«La cosa peggiore che potesse capitarti è essere donna come me? Grazie del complimento, tesoro.»

Inizia così il suo girovagare, il suo incontro con personaggi assurdi, ma credibili. Il suo ritrovarsi chiuso in un paese troppo paese, da dove persino sua madre ha sempre sperato trovasse il modo di scappare, di andarsene

“Il paese è periferico ma non è periferia: se la periferia è assenza frustrata della città, il paese, quando chiude gli occhi, sogna se stesso, sta bene dove sta e dove è sempre stato, fuori dai casini, ovvero dalla Storia, tutto accade all’indicativo presente, senza passato e senza futuro. Immune dal bacillo della cultura, ripulito e ingrassato dal boom economico ma eternamente mezzadro nella calotta cranica, il paese crede di aver visto tutto perché in fondo non ha mai visto niente.”

Ravasio è bravo a raccontarcelo quel paese, a raccontarci chi a quel paese si è rassegnato, come chi si è rassegnato all’interno di un matrimonio dove l’amore è rimasto solo un lontano ricordo

“Chiusi nella gabbia di matti del dialetto, i due s’accusavano a vicenda di essersi rovinati la vita, ma in trent’anni di bicchieri in faccia e strangolamenti divertenti non avevano mai divorziato, e non perché l’amore vince su tutto, ma perché lui pensava che cambiare idea fosse da deboli, mentre lei non sapeva immaginare la felicità”

È bravo a raccontarci il maschio, il sesso come necessità e mancanza, il sentirsi non capito, in trappola là dove basterebbe prendere il volo e rischiare di volare, e in fondo un’intera generazione che soffre di non riuscire a realizzare quei desideri con i quali è cresciuta. È bravo a farci vedere alcune tenerezze che sanno far commuovere, ma anche a farci ridere dell’inadeguatezza e di alcune situazioni surreali che rimarranno nei ricordi (come del resto alcuni episodi fantozziani)

«… mi sono transessualizzato.»
«Sarà stata la masturbazione.»
«Non denigrare il mio unico talento, e comunque ci ho pensato anch’io, ma quella rende ciechi, non femmine.»

Consiglio #lavitasessualediguglielmosputacchiera a chi non si ferma alla prima impressione e non giudica una persona dalle prime parole (perché lo Sputacchiera può essere abbastanza schifoso e non troppo simpatico a un primo sguardo), ma va oltre e sa che ogni persona nasconde una sua propria debolezza, un suo perché. A chi ha vissuto in paese sognando di andarsene e a chi ha bisogno di sentirsi dire dagli altri qual è il suo punto forte. A chi cerca una scrittura che sappia essere sperimentale, poco convenzionale, per nulla banale. E, ovviamente, a chi ha amato Fantozzi e ha voglia di farsi una risata anche se non sempre politicamente corretta.

La vita sessuale di Guglielmo Sputacchiera è il quarantatreesimo Libro Vagabondo, la proposta di Nessundove di Empoli (FI)