Mirko Sabatino – Nottetempo
“Si dice che la vita è un romanzo. È una cosa che ti capiterà di ascoltare, e capiterà perfino che ti esca di bocca. Ma non è esatto, non è così. Ogni vita è un insieme di romanzi, organizzati per blocchi, in successione. C’è tutto, dentro; si attraversano tutti i generi. E si alternano i registri, ovviamente: il lirico cede il passo al comico, al drammatico, al tragico, in un ordine che non è prevedibile. Il periodo di gestazione? È fantascienza, ma una fantascienza lirica. Il primo giorno di vita? Può diventare un romanzo familiare tragicomico. La tragedia, poi, è sempre dietro l’angolo. Ma bisogna saperli estrarre questi romanzi, altrimenti la vita non sarà altro che uno sterile resoconto. Un insieme di fatti infilati uno dietro l’altro, senza significato”.
Quando ho acquistato questo romanzo, seguendo il consiglio della libraia, mi sono portata a casa anche alcune parole, parole che pur non avendo letto subito il libro mi sono rimaste più o meno in testa: non è solo la storia a rendere bello La vita anteriore, ma è quel cerchio che si chiude e che tu capisci solo alla fine.
Ma, la storia che ci racconta Mirko Sabatino è proprio bella, di quella bellezza che ti porta a leggere pagina dopo pagina, piangendo e sperando con il protagonisti e, certo, spesso molto sembra essere troppo casuale, quasi fiabesco, ma c’è un motivo e quel motivo è nelle parole delle libraia: devi arrivare alla fine!
La vita anteriore parla di perdite e di incontri, di nascite in fondo. Che sia la nascita di Ettore, il protagonista, con la quale si apre il romanzo
“Arrivò in una mattina di aprile del 1977, e in quella stanza che fu la prima delle tante che avrebbero riparato la sua vita, c’erano già tutti i volti che avrebbe visto cambiare negli anni. Volti sui quali il tempo avrebbe lavorato di sottrazione, e che mai sarebbero stati più giovani che in quel momento.”
e che porterà immediatamente a una perdita: il padre di Ettore scomparirà proprio quel giorno. E scomparirà nel senso che fuggirà via.
Che sia la perdita che porta a una nuova nascita, a un incontro
“Le persone che entrano davvero nella tua vita sono poche”, dice. “Una vita è uno spazio di movimento e sentimenti molto limitato. Solo poche persone dentro: e non si sa perché proprio quelle e non altre. Ma quelle persone a un certo punto salgono a bordo del tuo viaggio e, di fatto, fanno la tua vita. E qualunque sia la ragione, ammesso che ce ne sia una, quel giorno a bordo della mia vita salì quel bambino – e ci salì balzandoci dentro. Si chiamava Bruno Basanisi ”
Ed è una storia che parla di famiglia, di famiglia allargata, dato che Ettore si troverà a vivere la sua infanzia e giovinezza con la mamma certo, ma anche con i nonni e le zie.
“Dimentichiamo che all’inizio della nostra esistenza non siamo per niente noi i protagonisti della nostra vita. No. È chi ci cresce, chi ci sta intorno, il protagonista. Noi siamo lì come testimoni. Testimoni di storie che accadono introno a noi. Ci vuole un po’perché diventiamo noi i protagonisti della nostra vita”.
Una storia che parla di legami, perché al fianco di questa famiglia, i pilastri di Ettore saranno gli amici: Bruno che incontra a causa di un incidente e Irene, compagna di classe e vicina di casa.
“La nostra amicizia è come un faro in mezzo al mare: quando non vedi il segnale luminoso non è che si è spento, devi solo aspettare che faccia il suo giro.”
Ed è anche, inevitabilmente, una storia d’amore.
Mirko Sabatino ci racconta una storia che partendo dal 1977 arriva ai giorni nostri, un romanzo di formazione; un viaggio che attraversa l’Italia (e non solo) soffermandosi in Puglia. Un romanzo che ti fa innamorare dei suoi protagonisti a partire da nonno Ottavio (il mio preferito!). Una storia che ha il respiro della musica e della scrittura (che sia quella dei romanzi letti e scritti, che sia quella delle lettere che Irene e Ettore, in modo anacronistico, si scambiano), ma soprattutto la forza di riuscire a rialzarsi sempre
“Voglio dirti che sono orgoglioso di te, di come cadi e ti rialzi, senza mai rimuginare sulla caduta, alla maniera delle pattinatrici sul ghiaccio. Non c’è niente di più vero e autentico di questo combattere per guadagnarsi i respiri”

