La vegetariana

Han Kang – Adelphi – traduzione Milena Zamira Ciccimarra

“Adesso il fatto che non mangiasse carne, ma solo verdure e cereali, sembrava in perfetta sintonia con l’immagine di quella macchia azzurra simile a un petalo – tanto che era impossibile separare le due cose; e il sangue che le era sgorgato dall’arteria e aveva inzuppato la sua camicia bianca, asciugandosi nel bordeaux scuro e opaco di una zuppa di fagioli azuki, sembrava una sconvolgente e indecifrabile premonizione del destino finale di lui stesso”

Una donna smette improvvisamente di mangiare carne (ma anche pesce), lo fa in camicia da notte, una sera, davanti al frigo, lo fa gettando via tutto quello che non mangerà più e che non cucinerà più per suo marito. Giustifica o, meglio, risponde alla domanda sul perché di quel gesto, dicendo solo

“Ho fatto un sogno”

ma forse le motivazioni vanno oltre quel sogno, scavano in un passato lontano.

Siamo in Corea ed essere vegetariani in Corea sembra essere alquanto complicato, ma Yeong-hye sarà irremovibile nella sua decisione, e a nulla serviranno i tentativi di convincerla a ripensarci (nel mentre sta anche deperendo, è sempre più magra, quasi a voler scomparire)

“Perché tutto in me diventa appuntito? Che cosa intendo trafiggere?”

di marito e sorella, di una madre insistente o di un padre violento. Yeong-hye ha ormai intrapreso un suo cammino.

E quel suo cammino, quella sua storia ci viene raccontata dagli altri, lei prende raramente la parola. A parlarci saranno la voce del marito, gli occhi del cognato, il senso di colpa o di impotenza della sorella: tracciandoci un quadro che forse non riuscirà mai a estrapolare la vera essenza di Yeong-hye.

“Era veramente la donna più ordinaria del mondo”

Una donna che viene notata dal marito proprio per il suo essere “normale”,

“Prima che mia moglie diventasse vegetariana, l’avevo sempre considerata del tutto insignificante.”

una donna che è meno bella della sorella, una donna, appunto, che può passare inosservata, ma che, quando inizia a non mangiare più carne, diventa il punto di interesse degli altri, diventa motivo di parole e di pensieri, di critiche e di biasimo forse, diventa oggetto di desiderio o oggetto e basta, diventa la protagonista di un romanzo che al lettore non può che lasciare il segno.

Han Kang ci racconta la prigionia del corpo, il desiderio di essere altro; ci racconta forse una follia o solo il tentativo di cancellare un ricordo lontano e doloroso. Ci racconta, in fondo, una rivolta, una protesta, una fuga.


“Non aveva saputo perdonarle di essersi involata da sola al di là di un confine che lei non era mai riuscita a varcare, non aveva saputo perdonare quella meravigliosa irresponsabilità che aveva permesso a Yeong-hye di liberarsi delle costrizioni sociali, lasciandola indietro, ancora prigioniera. E prima che Yeong-hye spezzasse quelle sbarre, lei non sapeva neppure che esistessero”


E poi c’è la scrittura di Han Kang, una scrittura perfetta; una scrittura che riesce a tagliare con un tono lieve, una scrittura che fa danzare insieme sangue e fiori, dove i silenzi hanno forse più valore di ogni singola parola pronunciata.