Javier Sinay – Gran Via – traduzione Vincenzo Barca
“Nel viaggio ho preso una distanza, mi sono osservato e ho osservato il luogo da cui provengo: ora so che è solo un angolo di mondo. Migliaia di cose accadono sincronicamente in migliaia di angoli di mondo. Pico Yyer, uno dei miei cornisti favoriti, ha scritto che soltanto quando ci fermiamo e cerchiamo un momento di intimità e di calma, riusciamo ad apprezzare ciò che abbiamo vissuto nel viaggio. Penso alla gente, ai tanti amichi che ho incontrato lungo il cammino: gentili sconosciuti. Ci siamo incrociati una sola volta nella vita, ma forse è stato sufficiente a creare un legame profondo”
Javier e Higashi si conoscono e si innamorano. Ma questa non è una storia d’amore o, meglio, questa non è una storia che parla solo di un amore. Siamo a Buenos Aires, ma questa storia non si ferma in una sola città. Javier è il nostro protagonista e strada facendo incontrerà compagni e comparse, ma questo non è un romanzo, questo è il racconto di un viaggio.
E il viaggio inizia quando Javier perde il lavoro da reporter e decide di “mettersi in proprio”, ovvero di creare un suo progetto. Higashi è partita per Kioto per studiare l’arte del tè e lui decide di raggiungerla, ma il suo non sarà un volo diretto o con un unico scalo insomma. Lui decide di costruirsi un percorso di viaggio che toccherà Madrid, Parigi, Berlino, la Bielorussia delle sue origini, Mosca, per poi attraversare la Siberia e la Mongolia, la Cina fino ad arrivare a Seul e poi (finalmente!) in Giappone.
E decide di viaggiare da solo, perché il viaggio da soli è forse l’unico vero viaggio, quello forse più completo
“Paul Theroux, uno dei grandi scrittori “on the road”, ha scritto Il Tao del viaggio, composto da dieci premesse. La prima ovviamente è “Lascia la tua casa”, ma al secondo posto compare subito “Vai da solo”. Per riuscirci bisogna imparare a godere del panorama che i propri pensieri creano”
Viaggeremo con lui, incontreremo chi ha incontrato lui, ascolteremo racconti che parlano di vita, di storia, ma soprattutto d’amore, dato che sarà questo il tema del viaggio, e di amore in tutte le sue forme: a Parigi sarà l’amore libero di Sartre, ma anche quello imprigionato nei lucchetti dei turisti,
«Questo è un paese che celebra la festa nazionale commemorando il giorno in cui è stata distrutta una prigione. La libertà qui è la cosa più importante. Anche in amore, liberté, basta citare Jena-Paul Sartre: bisogna amare liberamente, non si deve mettere un lucchetto a nessuno».
in Siberia faremo la conoscenza del Maniaco di Angarsk ed entreremo nel suo orrore, a Pechino scopriremo un parco dove padri si incontrano per scambiarsi i curriculum dei loro figli single. E questo solo per dare alcuni assaggi, il resto del viaggio lo dovreste scoprire da soli.
Le tappe sono intervallate dalle mail e dalle telefonate che Javier e Higashi si scambiano, dal loro confronto tra un viaggio fatto di spostamenti e incontri e uno che mette il suo centro nella lentezza, nell’attenzione verso l’altro, nella puntualità.
“Mentre inizio il mio viaggio, Higashi comincia il suo. Il mio è un viaggio attraverso chilometri di territorio, attraverso persone e lingue, temperature e valute. Il suo, invece, è un viaggio verticale, attraverso i sensi e la mente, il tempo e la filosofia, la natura e le forme estetiche”
Sinay ci regala un pezzo della sua vita, è l’eroe di questa avventura. L’eroe che, come in ogni romanzo, percorre un viaggio (nel suo caso proprio fisico), che lo porterà a diventare una persona diversa da quella che noi lettori abbiamo incontrato nelle prime pagine.
E dopo il viaggio?
«Ma la vita avventurosa può risolversi in una trappola. Dopo questo viaggio così lungo, come farò a non annoiarmi quando sarò tornato a casa?»
«Il problema non è dove sei, ma come vivi. Tornare a casa non significa obbligatoriamente tornare alla vita di sempre. Questa è la sfida che porterai con te»
Un libro che consiglio a chi ama viaggiare, ma soprattutto a chi è curioso di scoprire luoghi nuovi e nuove realtà. A chi cerca ogni giorno l’avventura, anche in mezzo al traffico della via sotto casa. A chi crede negli incontri e si sofferma a guardare le persone, non la gente, le persone. Vorrei dire a chi crede nell’amore, ma non è indispensabile, alla fine l’amore in è solo un pretesto
“Penso che diamo la migliore versione di noi quando siamo in viaggio”

