Silvia Ballestra – Laterza
“Quando mi capita di doverla definire, raccontare a chi non la conosce, a volte snocciolo un elenco: partigiana, poetessa, scrittrice, traduttrice, storica, politica, combattente, medaglia d’argento per la lotta di liberazione, compagna di Emilio Lusso, intellettuale, agitatrice culturale, saggista… A volte cambio l’ordine, di alcune definizione so che avrebbe da ridire (per esempio su «intellettuale», e probabilmente pure su «agitatrice culturale»), quasi sempre mi sembra che nessuna di queste etichette riesca a dar conto della sua grandezza, neanche se messe – appunto – tutte insieme.”
Joyce Lusso l’ho conosciuta qualche mese fa, forse un anno fa, prima di leggere questo libro l’avevo sentita nominare, raccontare, ma solo leggendo La sibilla, entrando veramente nella storia di Joyce (ormai la chiamo per nome, la sento amica, compagna, o almeno la sento come quella donna che avrei voluto frequentare, sedendomi in poltrona accanto a lei, bevendo un te, e ascoltando la sua storia, le sue storie), mi sono chiesta perché io questo personaggio, questa donna che ha fatto parte della storia italiana, non l’ho conosciuta prima? Perché me l’avevano tenuta nascosta?
“Partigiana, repubblicana, socialista”
Joyce attraversa la storia italiana del Novecento, partendo dalle Marche e non fermandosi mai (almeno questa è la sensazione); partendo da una famiglia che in lei ha gettato il seme che l’avrebbe fatta diventare una grande, grandissima, donna
“Perché da dove arriva una Joyce Lussu? Ma da una Giacinta, naturalmente!, viene da esclamare. E un Max Salvadori? Idem!
Non ritrovo il passo in cui Joyce dice che la sua mamma è stata una bellissima persona, una di quelle che avresti voluto conoscere nella vita, e se l’hai conosciuta sei contenta di aver avuto questa possibilità. Ecco, in questa storia di immensi personaggi che sembrano uscire da un romanzo ma sono stati persone in carne e ossa, Giacinta ha sicuramente un posto fondamentale. Un po’ appartato, ma fondamentale.”
Silvia Balestra ne La sibilla ci regala la biografia di una donna della quale il lettore non riuscirà mai più a liberarsi, un’eroina, un personaggio che pare uscito dalla penna dell’immaginazione.
Ma no, Joyce Lusso è esistita, ha combattuto per ogni causa in cui ha creduto, ha scritto, ha viaggiato, ha tradotto, ha amato
«Dopo tre giorni, cominciavo già a pensare al viaggio di ritorno, con grande nostalgia per la casa e la famiglia. Senza questo riferimento, anche quelle esaltanti esperienze avrebbero perso lo smalto. La più grande gioia era di raccontarle a Emilio. Forse, come Sinbald il marinaio, cercavo le avventure solo per poterle raccontare. Era ancora un modo di ritrovarmi con Emilio, per parlare da pari a pari, di discutere insieme la vita che ciascuno inventava autonomamente, al di fuori delle grigie ipoteche che la società tentava d’imporre al nostro consorzio»
Il suo uomo è stato un uomo di altrettanto carisma, ma che (essendo uomo) è rimasto impresso nella storia, il suo nome si ricorda. Si conosce.
Joyce non resterà mai nascosta nell’ombra di Emilio: Joyce non smetterà mai di avere un ruolo, di indossare i pantaloni e andare tra la gente, di essere così moderna. Joyce sibilla tra le sibille.
Non voglio dilungarmi a raccontare la storia di Joyce, quella spero andiate a leggerla nel romanzo per poi proseguire indagando i suoi scritti, io di certo procederò con quel Fronti e Frontiere, del quale da sempre mi parla Luca di Tempo Ritrovato Libri
“Un giorno, discutendo di romanzi, le chiesi, incautamente, se avesse mai pensato di scrivere un romanzo d’amore. Era scoppiata a ridere e aveva detto: «Ma io l’ho scritto un romanzo d’amore!». Mi ero subito corretta da sola: certo che l’aveva scritto, era Fronti e frontiere! Lo avevo sempre letto come un libro d’azione e di guerra, con molte avventure dentro, ma certamente era anche un grande libro d’amore.”
E una cosa è certa, Joyce Lusso ormai è entrata a far parte delle mie eroine personali. Che donna!
“… Joyce che rinuncia a un invito alla televisione francese perché ha già un impegno con una scuola media di Cagliari; Joyce che si definisce, abbiamo visto, una scrittrice di «completamento» perché scrive per parlare a più persone possibili, non altro (dice); Joyce che sceglie di pubblicare con editori indipendenti piccoli e piccolissimi per aiutarli a crescere…”

