Heloneida Studart – Marcos y Marcos – traduzione Amina di Munno
“Tuttora non so come sia nato l’amore. All’epoca in cui vivevo rintanata nella biblioteca municipale, divorando le parole dei libri, mi piaceva inventarmi teorie sull’amore. Oggi, non lo so. È tutto legato a un sogno fatto quando avevo circa diciotto anni. Risalivo una delle dune di Jacana, una di quelle colline di sabbia fine e increspata, dove io e João eravamo soliti rotolarci, scivolando sulle foglie secche delle palme da cocco. In cima, serio e triste, sembrava aspettasse qualcuno. Nel vedermi, si staccò la mano destra dal polso come chi si sfila un guanto, e mi consegnò quel brandello insanguinato. Indietreggiai, tremando, in segno di rifiuto. Una mano era troppo poco, una palma esangue, dalle dita sottili, spoglie funebri. Ma lui insisteva, con tanta tristezza, tanta gravità – “Non mi vuoi più bene, Calunghinha?” – mentre vedevo le cartilagini scoperte del suo polso mutilato. Finii con l’accettare la mano. Singhiozzavo e volevo lanciarmi tra le suo braccia. Lo amavo. Quando mi svegliai, l’amore non era passato, e non mi aspetto che passi più.”
Fortaleza, Brasile. Marina è la nipote della ricca, autoritaria e centenaria Menina. È l’erede prediletta, perché a differenza di tutte le altre donne del parentado, Marina non è una debole, lei non teme la nonna
“Nonna Menina […] pretendeva che le figlie le ubbidissero, ma le disprezzava perché ubbidivano”
Marina non è bella e pare curarsi anche poco del suo aspetto, soffre d’asma, è di salute cagionevole, ha da sempre sofferto il comportamento distaccato di una madre che la considera poco (almeno fino a quando non capisce che Marina potrebbe ereditare tutto l’impero della nonna). Ha il carattere tosto e ostinato di nonna Menina, talmente ostinato che si innamora di suo cugino João, quello che potremmo dire essere l’uomo sbagliato
“Ho notato questa tua amicizia esagerata con tuo cugino. Le conversazioni, le passeggiate, lo scambio di libri… Se si trattasse di un altro, te lo proibirei. Ma con lui, non c’è problema. È… insomma, è uno di quei ragazzi a cui non piacciono le donne”.
João che le parla di povertà e ricchezza, di ingiustizia e di libertà
“La speranza è una cosa strana. João ne è dotato. Vive nella convinzione che tutti un giorno sapranno che il passero è un uccello blu. È sicuro che i poveri finiranno per liberarsi della loro pazienza inesauribile. Se João andasse all’inferno, trasmetterebbe immediatamente ai dannati la speranza di essere perdonati.”
Così quanto João verrà arrestato per aver scritto sui muri che la libertà è un passero blu, le giornate di Marina si alterneranno tra la noia della vita alla villa,
“João amava dire che ogni volta che diciamo buongiorno, cambiamo noi, cambia l’interlocutore e cambia il giorno. Ma nella villa non era così. La quotidianità si ripeteva, costantemente. Persino un cieco avrebbe potuto muoversi fra le tende immutabili, i ninnoli indistruttibili e i mobili che non avevano mai cambiato di posto.”
e gli incontri in carcere con il cugino.
E la quotidianità della villa è una quotidianità matriarcale, gli uomini sono spariti, impazziti, morti, banditi e le stesse donne, se Menina scopre non essere più vergini (e non sposate ovviamente), vengono rinchiudere in convento, perché, in fondo, a pagare sono sempre le donne.
Ma un giorno alla villa arriverà uno straniero del quale poco si sa e molto si sospetta. Uno straniero, Pablo, che tenterà le donne della famiglia, ma si invaghirà delle orecchie bucate di Marina. Ma chi è Pablo?
La libertà è un passero blu ci parla di amore, di un amore assoluto che non si arrende, che continua a sperare a lottare. Ci parla della libertà di amare
«Tutti ci hanno mentito sull’amore»
di desiderare e di pensare. E, ovviamente, di credere che il passero sia blu.
Una storia che ci fa sentire la dittatura, pur lasciandola sempre sullo sfondo, che sottolinea il potere del denaro. Una storia dove amore e realismo magico diventano armi per provare a combattere chi vorrebbe costruire solo sbarre. Amore, realismo magico e la speranza sempre
“Dall’altro lato delle sbarre lui sembrava molto più forte di me, malgrado fosse esausto per i maltrattamenti. Le sbarre erano sempre state più mie che sue: ero io a portare quelle grate dovunque, imprigionata nella mia solitudine, chiusa nella gabbia della mia disperazione profonda”

