Kari Hotakainen – Iperborea – traduzione Nicola Rainò
“Dite addio alle case che i vostri genitori hanno costruito, addio alle case che avete tirato su voi stessi, accostate una guancia all’albero al cui ramo avevate appeso l’altalena, imprimete nella memoria le silenziose, nebbiose sere d’agosto, le albe vellutate e ricamate al di sopra dei campi, tutto ciò che era pieno ora si svuota. La Città vi aspetta a braccia aperte, impaziente, ha acceso le luci e riscaldato le vie principali, quando sarete lì vi darà tutto ciò che ha, la Città attende nuovi contribuenti, i vecchi sono ormai spremuti, e si aspetta che a questo richiamo rispondiate con qualcosa di più di un borbottio. La Città è un’opportunità. Anzi, in realtà è l’unica opzione possibile”
La grande migrazione è quella che da una Campagna ormai inutile porta alla Città diventata centro del tutto, quella Città che ha bisogno di addetti, di personale che aiuti la sua stessa crescita. Fino alla saturazione, fino a quando i condomini non hanno più posto per supportare l’afflusso di persone, fino a quando diventa necessario fare delle scelte tra chi resta e chi verrà assegnato alle baracche, alla periferia. E la politica, artefice del problema, ovviamente, deciderà di non essere lei a scegliere, ma di delegare questa compito alla categoria dei Precari, costretti ad accettare, perché ha bisogno di un lavoro e perché il no non è consentito.
Ora serve un metodo: i condomini dovranno rispondere a dei questionari, raccontando le loro storie, ciò che pensano che delle loro storie potrà “salvarli”
“Ora vi domanderete cos’è una vita degna di nota. Cos’è che fa bella una storia? Su che base valutiamo una vita? In che maniera una persona presenta la propria esistenza? Belle domande, cui è impossibile rispondere. È probabile, anzi è abbastanza certo, che quasi ogni individuo trovi unica la storia della sua vita. Ma a questo punto tocca all’Archivio stabilire il valore delle storie mettendole a confronto.”
Ma quali storie verranno raccontate? Quanto ci sarà di vero in ciò che gli abitanti di via Battaglia 62 (il primo condominio preso in esame) scriveranno?
“Sapeva che se mai fosse finita nella stessa situazione degli abitanti di Via della Battaglia 62, costretta a scrivere della sua vita, non avrebbe avuto il loro coraggio, avrebbe mentito, si sarebbe inventata una vita migliore, una vita al di sopra di ogni forma di violenza, ricamandola di pizzi, diversivi, trapunte, punto croce, tramonti: è così che sono costruite quasi tutte le biografie.”
Hotakainen scrive un romanzo fatto di storie, vere o false che siano, di persone che si chiedono cosa della loro vita è degno di interesse e cosa è meglio romanzare. Scrive un romanzo dove Città e Campagna sono scritte con la lettera maiuscola, essendo esse stesse personaggi. Scrive un romanzo dove anche gli animali hanno una voce, quegli animali che restano in una Campagna libera, disabitata; ma anche quegli animali che ormai hanno creato un loro brand come Mumin o Winnie the Pooh.
“Quando l’ultimo giorno di apertura il piccolo Mumin sistemò dentro degli scatoloni le tazze e gli altri oggetti dell’esposizione, lo fece in tutta calma e con un senso di sollievo. Finalmente poteva lasciare quell’angusto locale e andarsene per il mondo a incontrare dei vecchi soci in affari, l’orso Paddington e Winnie the Pooh, che da tempo avevano abbandonato i negozi in muratura per dedicarsi alla vendita dei diritti per film e serie tv, oltre a stipulare accordi redditizi con vari tipi di società.”
La grande migrazione sa far sorridere anche, perché non si può non sorridere davanti ad alcuni personaggi messi in scena, ma è un sorriso sempre amaro, consapevole di ciò che l’autore vuole raccontare; di quella satira che mette a nudo una società globalizzata e i suoi limiti. Una società arrabbiata con le sue paure e le sue nostalgie
“Si finiva per indorare il passato, che diventava altro nelle varie versioni dei narratori che edulcoravano l’originale: un maldestro strimpellatore stonato ricompariva come un maestro della canzone popolare, il clima imbronciato sembrava nei ricordi amabilmente soleggiato e i sobborghi stepposi diventavano prati che erano un piacere per gli occhi. La memoria, si sa, è inaffidabile, ma come rinunciare alla misericordia per se stessi?”

