La formica rossa

Émilie Chazerand – La nuova frontiera – Traduzione Silvia Turato

“Immagino che vi sia capitato di voler essere qualcun altro. Un compagno di classe, un campione di calcio, una star internazione, una persona qualsiasi. Ebbene, anche se io innegabilmente sono “una persona qualsiasi”, ho la certezza assoluta che nessuno su questa Terra abbia mai voluto essere me – neanche per un milionesimo di secondo.”

Vania è un’adolescente che vive con il padre, un padre che fa il tassidermista, che l’accompagna a scuola con una macchina “pelosa” e che spesso con il suo comportamento la fa vergognare. Ma del resto è adolescente e quindi sono molte le cose che possono metterla in imbarazzo

“Ho in generale orrore di tutto ciò che è imbarazzante: le commedie musicali francesi, lo stetoscopio del dottore sul petto, sorridere a se stessi nella cabina della fototessera, recitare una poesia melensa davanti a tutta la classe, camminare senza asciugamano fino alla vasca della piscina, stare stretti tra corpi sconosciuti nel bus pieno di gente, doversi togliere le scarpe da ginnastica nello spogliatoio dopo due ore di atletica, l’infermiera scolastica quando ti chiede se hai mal di pancia perché hai veramente mal di pancia o perché hai una verifica di geografia e le uniche cose che conosci della Grecia sono Pollon e la feta.”

Vania ha un difetto all’occhio sinistro e indossa abiti grandi e sformati. Ha un’amica che ha una sindrome che la rende poco gradita agli altri compagni di classe e un amico di origini marocchine che abita sul suo stesso pianerottolo. Ha vicini di casa rumorosi e, a volte, strambi. Racconta, si e ci racconta bugie, ma ha un cuore grande e di cognome fa Strudel.

Vania deve iniziare la prima superiore quanto riceve una lunga mail anonima che la invita a smetterla di essere una formica nera, e a diventare una formica rossa.

«… Gli imbecilli temono gli animali come i serpenti, le belve feroci e anche alcuni cani; dimenticano tutto ciò che non ha grossi denti o grandi occhi crudeli. Ma cosa c’è di più discreto e pugnace, solido e sorprendente, di una piccola formichina rossa?»

E qua tutto cambia o, meglio, da quel momento Vania inizia a farsi domande su chi possa averle mandato quel messaggio, a guardarsi e a osservare le persone in modo diverso, fino ad arrivare a pensare a se stessa in modo diverso.

“È il triste destino delle formiche nere. Sono intercambiabili, insignificanti, sostituibili.
Si susseguono e si somigliano tutte.
[…]
Quindi mi restavano solo due possibilità:
– solidarizzare con tutti i mediocri della terra
– o no.”

Émile Chazerand ci regala un romanzo capace di far ridere, sorridere e anche commuovere (io ho anche pianto, ma sono un caso a parte io). Ci regala Vania, un personaggio che usa il suo cinismo come protezione verso il mondo, verso il suo sentirsi inadeguata; un personaggio capace di raccontarsi come se stesse dialogando con un diario. Mi verrebbe da dire senza filtri, ma forse così non è

“Il guaio è che quando menti una prima volta su qualcosa, poi devi continuare. Su tutto il resto della bugia e per tutto il resto della vita. Non si può tornare indietro, altrimenti è solo vergogna, disprezzo e solitudine E continuare a indossare la maschera della menzogna è stradifficile  – scivola al minimo sudore freddo.”

Vania è una ragazzina capace di entrare nei cuori del suoi lettori, come lo sono i suoi co-protagonisti disegnati davvero bene da Chazerand, tanto che, anche dopo aver letto l’ultima pagina, aver chiuso il libro, averlo riposto sullo scaffale, quei personaggi continuerai a sentirteli attorno.

La formica rossa è una storia perfetta per ogni adolescente che incontra le domande dell’adolescenza: il primo amore, i primi cambiamenti (sia fisici che di situazione), il sentirsi più o meno adeguata. E, attraverso la storia di Vania, Chazerand ci parla anche di mancanza, di diversità e di inclusione, di bullismo; come di amicizia e di solidarietà.

E urla in ogni pagina che: essere diverso è bello e che uniformarsi agli altri non è detto che sia la strada migliore da perseguire. Lo fa già dall’epigrafe firmata Frida Kahlo.

Un romanzo che ci parla di un’adolescente, ma che ho adorato leggere e che, quindi, forse, può essere letto anche da chi adolescente più non è…

Ps: io papà Strudel, non so per quale assurdo motivo, me lo sono immaginata come il padre di Miriam Maisel. Ma questa è una cosa che forse interessa solo a me.