La ferrovia sotterranea

Colson Whitehead – Sur – traduzione Martina Testa

“Capita, a volte, che uno schiavo si perda in una breve vertigine di liberazione. In preda a un’improvvisa fantasticheria tra i filari di piante, o mentre sbroglia i misteri di un sogno di prima mattina. Nel bel mezzo di una canzone in una calda domenica sera. A quel punto arriva, sempre, il grido del sorvegliante, il richiamo al lavoro, l’ombra del padrone, qualcosa che gli ricorda che è un essere umano solo per un brevissimo istante rispetto all’eternità del suo essere servo.”

Ci racconta una storia di schiavitù, La ferrovia sotterranea, ci racconta un viaggio, la fuga, di Cora, una giovane donna, schiava di una piantagione della Georgia. Una fuga verso la libertà o, forse, la sopravvivenza: verso la possibilità di vivere come un essere umano.

“Ogni giorno i bianchi provavano ad ammazzarti piano piano, e certe volte provavano ad ammazzarti in fretta.”

Ma prima della fuga, Cora subisce la violenza, subisce le frustate e le bastonate, subisce anche ciò che vedere fare agli altri: a chi disobbedisce o a chi diventa oggetto di uno sfogo, di un gioco macabro, del puro divertimento del padrone. Perché uno schiavo al padrone appartiene; perché uno schiavo non è un essere umano, è oggetto.

Ma Colson Whitehead regala agli schiavi di questo romanzo la ferrovia sotterranea, inventa per loro una via di fuga: banchine e binari sotterranei, una rete di capistazione e di salvataggio. Botole segrete, viaggi scomodi ma pieni di speranza

“Quando lei gli aveva raccontato della sua fuga, aveva sorvolato sui tunnel e si era tenuta sul vago. Era una cosa riservata, un segreto personale che non ti veniva in mente di condividere. Non un segreto brutto, ma qualcosa di così intimo che diventava parte di te e non potevi staccartene. Se l’avessi condiviso sarebbe morto”

Ma la fuga di Cora non sarà cosa facile e non lo sarà per le persone che l’accompagneranno in questo viaggio. Il terrore e l’orrore non rimarranno relegati alla piantagione che si è lasciata alle spalle, saranno sempre lì, pronti a saltarle addosso, spesso con le sembianze di Ridgeway: il cacciatore di schiavi, che ricorda molto il cacciatore di taglie visto in molti film western

“Io sono un simbolo di disciplina. Lo schiavo che scompare, anche quello è un simbolo. Di speranza. Disfa il lavoro che ho fatto io, così che uno schiavo della piantagione accanto si mette in testa di potere scappare anche lui. Se permettiamo questo, accettiamo che ci sia una falla nel nostro imperativo”


E il lettore si ritrova a trattenere il fiato per Cora, a fare il tifo per lei, a sentire le catene che si stringono o a chiudere gli occhi davanti a corpi impiccati o dilaniati, a sperare che ogni destinazione che raggiunge sia quella che le regalerà la libertà


“La libertà era qualcosa che cambiava forma mentre la si guardava, così come un bosco è fitto di alberi visto da vicino ma dall’esterno, da un campo aperto, se ne vedono i veri limiti. Essere liberi non aveva nulla a che fare con le catene o con la quantità di spazio a disposizione”


Un romanzo che trascina il lettore nell’avventura della sua protagonista, Cora, un’eroina forte e determinata, ma che nasconde la fragilità di chi ha dovuto subire, di chi, essendo nata schiava e avendo visto – quando non subito – ogni tipo di angheria, non riesce mai a fidarsi completamente della libertà. La fragilità di chi è stata abbandonata dalla madre, da quella madre che continuerà a cercare anche solo per poterle sputarle in faccia.

La ferrovia sotterranea è soprattutto un romanzo che ci parla di razzismo


“Non capiva le parole, o quantomeno ne capiva una minima parte, ma quel creati uguali non le sfuggiva. Gli uomini bianchi che avevano scritto quel testo non lo capivano neanche loro, se tutti gli uomini per loro non significava davvero tutti gli uomini.  Se rubavano ciò che apparteneva ad altri, che fosse qualcosa che si poteva tenere in mano, come la terra, o qualcosa di immateriale, come la libertà”


certo portandoci negli Stati Uniti del 1800, parlandoci di cotone e schiavitù, ma, in fondo, ricordandoci fino a che punto di orrore può arrivare il giudicare l’altro diverso da noi.

La ferrovia sotterranea è stata una delle due proposte di Libreria Memorfosi di Sondrio e la scelta di Iobook di Senigallia (AN) nella dodicesima puntata di #edopocosaleggo