La casa della moschea

Kader Abdolah – Iperborea – traduzione di Elisabetta Svaluto Moreolo

“Aga Jan sentì qualcosa spezzarsi dentro, sentì che era diventato vecchio e fu sopraffatto da quel sentimento improvviso. Scrutò la città, ovunque brillavano luci colorate e accanto alla porta del bazar era appeso un grande ritratto dello scià, illuminato da riflettori. Nel nuovo centro lampeggiavano le luci gialle e rosse del cinema. Nonostante l’ora tarda, si sentivano ancora musica e voci di donne venire dal viale.
Quando era scomparsa dalla città l’eco delle sure del Corano? Sapeva che la moschea, il bazar e il Corano non erano più in grado di opporre una forte resistenza, ma non pensava che il regime avrebbe conquistato Senjan così rapidamente.”

Nel percorso di una lettrice si incontrano parecchi libri, ognuno dei quali ha un peso diverso, un impatto differente, suscita emozioni, pensieri, collegamenti. Alcuni spariscono o spariranno nel breve dai ricordi, altri radicheranno la sensazione di aver letto qualcosa di speciale. E poi ci sono quelli che vorresti dire a tutti: leggetelo, fatevi un regalo! La casa della moschea è uno di questi.

Kader Abdolah, attraverso le vicende degli abitanti della casa, ci porta in Iran, e ci fa entrare in Iran facendoci togliere le scarpe, in modo silenzioso, introducendoci a quelle che sono le tradizioni, la fede, il modo di vivere della casa e, per estensione, di una nazione. Ci fa capire come sono i rapporti  all’interno di una famiglia allargata, tra uomo e donna, tra moglie e marito, tra genitori e figli (naturali e, in qualche modo, acquisiti), tra vicinato. Ce ne racconta le gerarchie e i silenzi, quell’obbedienza che è accettata in modo rispettoso e che pare essere anche imposta allo stesso modo: perché così è, perché così vuole la legge, vuole Allah. Ci fa percepire una sorta di armonia, nonostante le restrizioni e, appunto, gli obblighi, nonostante il chador e i matrimoni più o meno imposti, nonostante il regime

«Ti hanno trovato in tasca un libro comunista.»
«Era un romanzo, un racconto, un libro è un libro, di qualunque cosa parli. Il capo della polizia non ha il diritto di decidere che libri posso leggere!»
«E invece sì, perché ti ha arrestato!»
«Può arrestarmi, ma non può impormi la sua volontà.»

E ce ne racconta la magia delle storie che nascono dal Corano, la magia che troviamo soprattutto in quelle due nonne (andate a conoscerle sono fantastiche!) che nonne non sono, ma che nella casa hanno praticamente sempre vissuto, quelle nonne che tutto vedono e tutto custodiscono e che hanno un grande sogno

“(le nonne) sapevano fin da piccole che se uno non era ricco, ma voleva comunque andare alla Mecca, poteva realizzare il suo sogno spazzando. Ma a tre condizioni: primo, doveva spazzare il marciapiede ogni mattino per vent’anni prima del sorgere del sole; secondo, doveva farlo senza che nessuno lo vedesse, e infine nessuno doveva scoprire il segreto.”

Ci racconta il cambiamento, ci parla di donne che iniziano a togliere il velo e a scrivere poesia d’amore, di cinema e di quella televisione che la casa rifiuta perché è simbolo dell’America.

“Il volto del paese era profondamente cambiato. Aga Jan lo notava sempre più spesso quando viaggiava in treno. Gli abitanti del Sud erano più liberi e molto diversi da quelli di Senjan. In treno si incontravano donne senza chador e a volte perfino donne con le braccia nude. Donne con il cappello, donne con la borsetta donne che ridevano, che fumavano. Aga Jan sapeva che era stato lo scià a introdurre tutti quei cambiamenti, lo scià servo degli americani. L’America stava minando la fede della nazione e nessuno poteva farci niente.”

Ma poi Kader Abdolah fa irrompere la Storia nella sua storia, quella Storia che prima sembrava essere solo scenografia, diventa protagonista e fa entrare il dolore nella sua casa.

“Il dolore avvolgeva la casa come un chador nero”

Ed è un dolore che bisogna tenere nascosto, è un dolore che rischia di essere punito.

Ed è la storia di una rivoluzione, quella di Khomeini che opprime, che semina tortura e morte. Paura.

«È successa una rivoluzione, Faqui, questo non è solo un rovesciamento del potere politico, qui si è capovolto qualcosa nella testa della gente. Stanno per succedere cose che nessuno di noi avrebbe mai immaginato in una vita normale.»

Qua è Aga Jan che parla, il protagonista del romanzo, anche se le voci nel libro sono molte e Kader Abdolah da voce a tutte loro. Ma Aga Jan è colui che tira le fila, è a lui che tutto torna e da lui tutto parte. È un personaggio bellissimo, ancorato alla sua fede, ma soprattutto a quella casa che è anche famiglia, a quei legami che piano piano vede sfaldarsi intorno a lui. Molti, ma non tutti.

Ho amato molto questa storia, ma questo l’ho già detto e ringrazio ancora una volta Libreria Bella Storia  per aver scelto La casa della moschea come venticinquesimo #librovagabondo .