Francesco Prosdocimi – Neo edizioni
«Siamo quasi arrivati. Guarda quante stelle»
Gio si piega e guarda in alto, attraverso il vetro.
«Già».
«Servirebbe il tuo telescopio».
Non risponde.
Il telescopio lo abbiamo lasciato a casa. Non potevamo portare via tutto. Abbiamo preso solo le cose indispensabili. Ma ora che ci penso, mi domando come ho fatto a non considerare indispensabile guardare le stelle.
Pietro e Giovanni, dopo aver caricato la macchina di quel poco che può servire, si lasciano la loro casa e la loro città alle spalle e partono. Pietro e Gio partono per allontanarsi da un lutto, dal loro essere diventati all’improvviso orfani, dal loro aver perso in un incidente stradale mamma e papà.
Partono e raggiungono una piccola casa in un paesino di montagna dell’Alto Adige: accanto alla casa un torrente dove poter pescare e la cascina di un burbero vicino che alleva mucche e intaglia il legno.
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Francesco Prosdocimi ci racconta l’elaborazione di un lutto, certo, ma soprattutto un grande amore fraterno: Pietro mette e metterà sempre il bene di Gio davanti a tutto, per lui è e sarà importante fare il fratello maggiore, il padre che non c’è più.
“Gli lascio volentieri questa pausa dalla vita”
E lo farà con i mezzi che ha, facendo ciò che può fare, sbagliando anche, perché, in fondo, Pietro è, anche lui, poco più di un ragazzo. Un ragazzo che sta, a sua volta, lottando con una perdita tremenda
«Voglio guardare un film con mamma e con papà. Non voglio più stare qua. Mi fa schifo».
Nasconde la faccia dentro il cuscino e continua a piangere.
Vorrei piangere anch’io.
Guardare un film con mamma e papà. Tutti seduti sul vecchio divano. Mamma che fa mille domande a ogni scena. Papà che si addormenta prima della fine. Io e Gio che lo prendiamo in giro.
«Non c’è più niente in casa, Gio. Lo sai».
Non so che altro dire. Nel petto sento solo un vuoto enorme.
Prosdocimi sceglie di raccontarci questa storia con dialoghi e frasi brevi, quasi a sottolineare che parole non ce ne sono, né possono esserci. Quasi a farci percepire il desiderio di questi due ragazzi di restare in silenzio, di farsi avvolgere solo dai suoni di quei luoghi che Pietro e Gio sono andati ad abitare.
Luoghi ai quali dovranno abituarsi, come al loro essere diventati una famiglia di dimensioni ridotte. Perché questo è anche il racconto di un cambiamento, di una crescita, di un incontro con altre persone e, forse, anche di un capire cosa si vuole fare da grandi.
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E sceglie di farci rimanere nel contesto, nell’adesso, di non usare la tecnica del flashback, ma di farci arrivare dettagli, frammenti di ciò che è stato il passato, e di farlo attraverso i dialoghi dei due fratelli.
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È delicato e tenero Io e Gio, tanto che chiudendo questo romanzo breve, questa novella, non ti rimane addosso la tristezza di un lutto tremendo, ma l’unione di questi due fratelli e le nuove strade che hanno appena iniziato a camminare. E ti rimane addosso anche quel gioco sui film che Pietro e Gio fanno, quel loro guardare vecchi film e conoscerne le battute a memoria.
Io e Gio è il cinquatatreesimo Libro Vagabondo, la proposto di Libreria Metamorfosi di Sondrio

