Il violino del pazzo

Selma Lagerlöf – Iperborea – traduzione Andrea Berardini

“Non c’è niente di più sicuro del fatto che il sole ami gli spazi aperti davanti alle chiesette di campagna. Nessuno ha notato che non si vede mai tanto sole quanto sul sagrato di una chiesetta imbiancata a calce durante la messa solenne? In nessun altro posto i suoi raggi intrecciano una trama di luce tanto fitta, è l’aria si ferma in un silenzio così riverente. Il sole sta lì a vegliare che la gente non rimanga fuori a chiacchierare. Vuole che tutti prendano ordinatamente posto in chiesa e ascoltino la predica, ed è per questo che lascia cadere al suo esterno un tale profluvio di raggi.”


Leggere Il violino del pazzo pensando di trovare quel capolavoro che è Bandito di Selma Lagerlof, ve lo dico subito, è un errore. Qua Lagerlof ci regala una storia che potremmo definire una sorta di fiaba, dove un ragazzo (Hege) impazzisce perché deve pensare a salvare il suo maniero dal fallimento e non può più suonare il suo violino, e dove una ragazza (Ingrid) vuole morire perché, orfana e adottata, non si sente amata da nessuno.

“Certo non si può aspettare che il sole monti la guardia davanti alle chiesette tutte le domeniche, ma è fuor di dubbio che la mattina in cui la fanciulla che sembrava morta venne calata nella tomba al cimitero di Raglanda, il sole riversava tutto il suo ardente calore sul piccolo sagrato della chiesa.”

E in quel cimitero e in quell’aria di resurrezione un pizzico di La bella addormentata nel bosco si respira (e un poco di Tim Burton anche!), perché a salvare Ingrid sarà proprio Hege, un Hege diventato venditore ambulante, molto lontano da quel giovane ragazzo che sapeva suonare il violino e che un giorno, tempo addietro, aveva raccolto il sorriso (e l’amore) di Ingrid.

Il violino del pazzo è una storia che ci racconta una cura sulle note della musica o, forse, dell’amore. Ma ci parla anche di apparenze che ingannano, di sogni e fantasmi, di devozione e di attesa.

“In seguito raccontarono che sembrava quasi che ci fosse un legame tra le loro due anime, un legame segreto talmente radicato nel profondo, al di là della coscienza, che nessuna comprensione umana poteva arrivarci”

È una storia che scivola lieve e che è perfetta per un pomeriggio o una sera d’autunno o anche per quel Natale che tra un attimo sarà qua. È una favola, certo, che in alcuni passaggi mi ha ricordato quel Miyazaki che fa sembrare così “normale” anche le creature più fantastiche: qua incontreremo una stanza popolata da pipistrelli e la loro regina, una donna con le ali da pipistrello e un dito a forma di artiglio.
Una fiaba dicevo, ma scritta da un premio Nobel, una lettura piacevole, a tratti avventurosa a tratti poetica. Una lettura dai ritmi antichi, che attraverso gli elementi del fantastico ci restituisce la sensazione di una storia senza tempo.