Anzal Szerb – E/O – traduzione Bruno Ventavoli
«Devo raccontarti queste cose accadute nel passato perché sono importanti. Le cose importanti di solito accadono sempre nel remoto passato. Non offenderti se te lo dico, ma finché non saprai di che si tratta continuerai a restare qualcosa di precario nella mia vita.
«Quando frequentavo il ginnasio il mio divertimento preferito era passeggiare. O per meglio dire, vagabondare. Visto che ero un adolescente questa espressione è più adeguata. Esploravo sistematicamente tutti i quartieri di Pest. Uno dopo l’altro. Ogni quartiere, anzi, ogni tratto di strada, possedeva per me un particolare valore sentimentale. Ancora oggi riesco a divertirmi con le case come allora. In questo non sono invecchiato. Le case mi parlano. Sono per me ciò che un tempo fu la Natura per i poeti, o quello che essi definivano Natura.
Una coppia ungherese è in viaggio di nozze in Italia, ma a un certo punto del viaggio le loro strade si divideranno e, mentre Erzsi arriverà a Parigi, Mihály continuerà a vagabondare nell’Italia centrale, rincorrendo i ricordi della giovinezza e quei personaggi, quegli amici (e quell’amore), vivi o morti, che la sua giovinezza hanno caratterizzato. Ma forse Mihály è solo alla ricerca di un motivo per non fare ritorno alla vita vera, quella nell’azienda di famiglia, in Ungheria
“… per quindici anni, infatti, Mihály si era parecchio sforzato. Sforzato di essere qualcun altro, di non vivere seguendo i propri desideri bensì le aspettative degli altri. L’ultimo sforzo, quello più eroico, era stato il matrimonio”
O di quelle “orge di solitudine” che era riuscito a incontrare solo nel suo soggiorno a Londra e che ora, qui, in quell’Italia che è per lui “cosa da adulti, come la paternità”, riesce a ritrovare
“Eppure Mihály non piangeva perché era solo, bensì per la ragione opposta, perché troppe persone si affollavano nella sua vita e temeva che non sarebbe mai più riuscito a godersi la solitudine come in quell’ospedale”
Szerb, scrittore ungherese morto a poco più di quarant’anni in un lager nazista, ci racconta un viaggio fisico, geografico (la bellezza delle città italiane da Arezzo
“È fantastico che Arezzo esista davvero e non sia solo un’invenzione di Dante”
a Siena
“Il carattere fiabesco, allegramente fiabesco, della città dipende dal fatto che in ogni punto si può scorgere il duomo, una specie di Zeppelin fornito di torre, aleggiante sui tetti delle case, scherzoso e zebrato”
Dalle calli di Venezia (e dalla “venezianità di Venezia” ai vicoli di Foligno. Da Gubbio con le sue porte per i morti e il monastero di Sant’Ubaldo, a Roma
“Da alcuni giorni presentiva questo senso, inconsciamente, nelle strade di Roma, nelle case, nelle rovine, nelle chiese, dappertutto. Non si poteva dire che questo senso “lo riempisse di felici attese”, poiché la felicità non è compatibile con Roma né con la sua storia millenaria, e ciò che si aspettava dal futuro non apparteneva alla categoria di cose che di solito suscitano felici attese. Era in attesa del proprio destino, di un fato degno di Roma.”
ma, ovviamente, questo non è solo un romanzo di viaggio, anzi il viaggio è un pretesto, uno sfondo, un modo per imprimere la lentezza al nostro protagonista, per obbligarlo a guardare e a guardarsi a chiedersi cosa sta cercando, dove sta andando, e il perché di quella morte che continua a tornare nei sui pensieri, nel suo presente come nel suo passato. Un pretesto per allontanarlo dal suo “stato” di uomo borghese.
E non dimentichiamo che a Parigi abbiamo lasciato la sposa, Erzsi, che a sua volta sarà costretta a riflettere, a cambiare idea forse, a decidere se andare avanti o tornare indietro.
Un romanzo che ho amato dalle prime righe, anzi forse da appena mi è capitato tra le mani, un romanzo che mi ha portato a ripercorrere alcune tappe del mio viaggio italiano, ma che soprattutto mi ha spinta a soffermarmi su alcune riflessioni e su quanto sa essere bella la letteratura (e la nostra Italia anche).
Il viaggiatore e il chiaro di luna un romanzo del quale mi sono profondamente innamorata!

