Il suono della solitudine

Michele Marziani – Ediciclo – Piccola filosofia di viaggio

“la solitudine bisogna conquistarla, essere disposti a pagarla, amarla. Trovare il coraggio di stare in equilibrio su un abisso, su quel vuoto dove puoi precipitare in ogni attimo e finire laggiù, nel mondo dei soli, nel cuore più profondo dell’inferno.”


Da un po’ di giorni i miei pensieri sulla solitudine si stavano acuendo. È sbagliato stare bene da soli? È sbagliato sentire, nonostante questo, la dipendenza dagli altri? Di certo questi ultimi anni ci hanno allontanati, e stanno continuando a farlo, ma io mi sto anche accorgendo che non sempre vivo questo come un limite, come qualcosa di negativo, insomma. Non sempre, ma a volte sì ed è quel “a volte sì” che mi frega che mi fa pensare che la solitudine sia da rifuggire, non da accogliere.

“Sei terrorizzato dall’idea di non trovare le parole per raccontare la bellezza di una solitudine ricca, feconda, così lontana dalla tristezza e dal dolore di essere soli”

Nella prima pagina de Il suono della solitudine, ho trovato questa affermazione e l’ho subito sottolineata, come ho fatto con diversi passaggi di questo piccolo libro che credo diventerà un manuale da tenere sul mio comodino a portata di rassicurazione.
Michele Marziani indaga la sua solitudine, le origini di questo suo starsene per conto suo. La necessità di continuare a farlo, la sua scelta di vita lontana dal caos della città. Perché per lui la solitudine è diventata un credo, una scelta appunto, qualcosa che non baratterebbe di certo con altro.

“… un solitario è per indole un bastian contrario. Si schiera sempre dove gli altri non stanno. Si siede dalla parte del torto, non solo perché brechtianamente tutti gli altri posti sono stati occupati, ma perché c’è sempre più spazio.”

Una vita spogliata dal superfluo di voci e di cose, la sua, ma dove l’amicizia e l’amore continuano a essere parte integrante: perché appunto si parla di solitudine, non di essere solo.
Michele Marziani ci racconta la storia di un uomo, se stesso, che credeva di essere sbagliato perché diverso, ma che trova il suo punto di forza forse anche in questa sua diversità, che capisce cosa non vuole più e che, soprattutto, capisce come vuole vivere e dove farlo.

“Credi al potere del cibo, nella meraviglia di assaporarlo. Proprio come si fa con i libri. O con le strade da percorrere non per andare, ma per guardarsi in giro. Accidenti, è così breve la vita che sprecarla sarebbe una vera follia.”

Quando, alla presentazione di un suo romanzo, ho conosciuto Michele Marziani, ricordo che mi ha detto di amare la sua vita. Anzi che la vita gli stava dando forse più di quello che si sarebbe aspettato. E ricordo anche di aver pensato che, forse, quella era la prima volta che sentivo qualcuno non lamentarsi, essere davvero soddisfatto di ciò che aveva. Dalla lettura di questo breve manuale si esce, o almeno io sono uscita, con la stessa sensazione oltre che con il desiderio di essere invitata a cena a casa di Marziani, di farsi cucinare i funghi che raccoglie o il pesce che pesca e, magari davanti un buon bicchiere di vino, chiacchierare per ore di filosofia, letteratura e vita tutta. E, sono certa, che questo riuscirebbe a far sentire anche me meno sbagliata, meno diversa.
La solitudine è anche la libertà di scegliere per se stessi, di non vestirsi o di vestirsi come si vuole, di avere delle regole da rispettare, perché ci vuole anche disciplina nella solitudine, ma regole che sono tue, ci dice Marziani.

“Il comandante sei tu. Anche quando non sai dove andare”

Insomma Marziani ci regala con concetto bello, pulito, della solitudine. Ci regala un percorso, il suo, ci fa entrare un poco nella vita sua. In una vita fatta di silenzi, ma anche di ascolto. Di meditazione e di scrittura. Una vita fatta forse di lontananza, ma solo da ciò che non si vuole vicino.

C’è una frase che mi ha colpita in questo libro, una frase che, in questo particolare momento della mia vita, ho sentita mia più di tutte. Parla di viaggi, parla dell’atto di viaggiare

“… respiri i luoghi e impari una cosa strana, che da ognuno di questi non partiresti più. […] Ti credi un viaggiatore ma forse sei semplicemente programmato per stare ovunque.”