Il signor A. entra in libreria e mi dice Ah, ma ci sei anche tu! Poi ride un poco.
Si siede sulla sedia di legno e accavalla una gamba appoggiando la caviglia sopra al ginocchio. Dice che è tornato qualche giorno fa dal mare, ma che al mare non ha più voglia di andare. Dice che al mare non ci andrà più.
Ascolta i libri che gli vengono raccontanti e ne restituisce uno che ha preso qualche tempo fa. Mi sono accorto di averlo già, dice, era di mia moglie. Lei leggeva Simenon, aggiunge, ma non il Simenon di Magreit.
Mi dice Voglio anche un libro consigliato da te; poi aggiunge che deve raccontarci un’esperienza che lo ha colpito parecchio. Inizia a descrivere un cinema che trasmette film antichi, un cinema senza fronzoli né popcorn, ma con tutto il gusto di chi lo ha voluto. Non ci sono le locandine dei film in quel cinema e nemmeno i prezzi alla cassa. È tutto grigio e ordinato, dice il signor A.
Si chiama Godard il cinema, aggiunge dopo un po’. Che bella scelta dico io, Godard suona proprio bene. Godard avrebbe dovuto limitarsi a un unico film, mi risponde. E così parliamo di Jean-Paul Belmondo e Richard Gere anche.
Ha più di ottant’anni il signor A. e si è iscritto a un gruppo di lettura di una libreria che ha aperto da poco.
È vicino a casa mia, dice, ma se sono tutti giovani mi sa che non vado.
Poi si alza e saluta infilandosi sulle spalle uno zainetto di cuoio. I libri no, quelli li mette in una borsa di tela rosa: la sfoggerò al gruppo di lettura dice sorridendo.

