Guillermo Arriga – Bompiani Editore – traduzione Bruno Arpaia
“Anche se fossimo rimasti insieme per il resto delle nostre vite, tracce del dolore mi avrebbero allontanato da lei. Era come se un esercito nemico avesse invaso la mia patria lasciando una scia di rovine e devastazione. Però, dopo tutto, pur sempre la mia patria. No, non avrei potuto perdonarla. Tanto meno smettere di amarla. La mia vita sarebbe stata più dolorosa senza di lei che con lei.”
Il Selvaggio è un libro che spaventa. Spaventa il titolo, spaventa la copertina, spaventa la sua mole. Ma Il Selvaggio è un di quei libri in cui entri e inizi un viaggio che vorresti non avesse mai fine. Perché Il Selvaggio, oltre a essere un romanzo scritto con uno stile pazzesco, uno stile che si impregna di leggenda, di mitologia, di poesia e di musica. Ma anche di storia e di scienza, insomma è un romanzo che per raccontare la storia o per renderla più completa, porta il lettore ad attraversare esperienze che da quella storia sembrano allontanarsi un po’, è anche e soprattutto un romanzo fatto di personaggi che ti restano dentro, che ami o che impari ad amare.
Arriaga ci racconta due storie in parallelo, due storie diverse e lontane, due storie che portando il lettore dal freddo al caldo, dai ritmi sincopati di fughe, lotte, incendi e assassini, alla calma e al silenzio del ghiaccio e dei boschi, silenzio interrotto solo dall’ululato dei lupi. Due storie che paiono non avere proprio nulla in comune, o quasi…
Da una parte abbiamo Juan Guillermo, narrato in prima persona. Juan Guillermo che è poco più di un ragazzo e vive in un arido e violento Messico, dove si spaccia droga e si allevano cincillà da pelliccia sulle terrazze. Juan Guillermo che già alla nascita ha al fianco la morte e che con la morte dovrà fare i conti
“Spesso sogno quell’immagine della mia famiglia al risveglio da quella siesta. È stata l’ultima volta che li ho visti insieme. Nel corso dei successivi quattro anni sarebbero morti tutti. Mio fratello, i miei genitori, mia nonna, i parrocchetti, King.”
(non è uno spoiler, dato che è una citazione tratta dalla seconda pagina)
Juan Guillermo che dovrà scegliere tra la vendetta e l’attaccarsi a ciò che gli resta, che sia una camicia da taglialegna o i libri del fratello morto, che sia l’amore di una ragazza che porta addosso le ferite del sesso, o l’affetto di un domatore di bestie feroci. Che sia Colmillo l’animale che salva o dal quale, forse, si fa salvare.
Dall’altra abbiamo Amaruq, narrato con il distacco della terza persona. Amaruq vive nel gelido Yukon, dove la violenza è rappresentata dalla natura e dove la natura è padrona del territorio più dell’uomo. Amaruq che lotta con o per un lupo.
Il Selvaggio è una storia violenta certo, ma è anche una storia dove l’affetto, la fratellanza e l’amore smussano gli angoli, asciugano la tristezza e danno la forza di lottare.
“Questi alfabeti, illeggibili per la maggioranza, possono essere compresi soltanto da coloro che ne condividono uno simile. Quando due persone possiedono alfabeti simili, sono in grado di leggersi reciprocamente con chiarezza. L’attrazione fra loro diventa ineludibile, l’intesa perfetta. È così che nasce l’amore a prima vista. “
E anche l’amicizia aggiungerei io.
Il Selvaggio, a mio avviso, è soprattutto una storia di scelte. E una storia da leggere assolutamente.
Il selvaggio è il quarto Libro Vagabondo, la proposta di Pagine di Piacenza

