Sylvia Aguilar Zéleny – Ventanas – Traduzione Serena Bianchi
“Volevo scrivere un romanzo su mia sorella. Un romanzo costruito a partire dalla memoria familiare. Raccontare quella storia che ogni famiglia ha, e che si considera degna di essere ricordata, perché il protagonista è il componente che ha infranto una qualche regola, usanza, uno schema, una certa tradizione.”
Patricia ha ventidue anni quando lascia il Messico per andare in Inghilterra a studiare. Patricia è una ragazza piena di vita, piena di musica e di idee di rivoluzione
“Patricia, una bambina che prima di rientrare a casa raccoglieva da terra un bastone, un sasso o qualsiasi cosa e colpiva le sbarre della ringhiera: se era di buon umore correva, e il picchiettio era veloce; se era arrabbiata o triste, sembrava un battito lento, il cuore di un vecchio.
[…]
Patricia, una ragazzina che si arricciava un ciuffo di capelli con il dito quando, leggendo, arrivava al momento più emozionante del libro.
[…]
Patricia, una donna convinta che il mondo si potesse cambiare”
Patricia ha ventidue anni quando se ne va per non fare più ritorno. Per scomparire.
A casa, la sua famiglia la rivedrà una sola volta, ma Patricia non sarà più Patricia
“Mia sorella Aisha, prima si chiamava Patricia. Aisha, prima, era una semplice Patricia.”
Avrà un nuovo nome, una fede religiosa, un velo nero che le ricopre tutto il corpo e un marito al seguito, anzi un marito che cammina davanti a lei.
“Non credo che mia sorella si sia svegliata una mattina e abbia detto: oggi abbandonerò tutto.
Succede e basta. Le circostanze costringono a prendere delle decisioni, decisioni che costringono ad abbandonare tutto.
[…]
Lei ha deciso di vivere così e per vivere così ha dovuto abbandonare ciò che aveva prima. Lui è stato l’ultima persona a vederla senza velo, lui è stato il primo a vederla con il velo.
Questo lei lo chiama amore.”
Sylvia Aguilar Zéleny ci regala la storia di sua sorella, ma, in fondo, come lei stessa ammette, ci offre la sua storia
“Paradossalmente, non è su mia sorella, è su di me.”
La storia di una famiglia che vive nell’attesa e nell’abbandono. Nei ricordi di quella Patricia che ora non c’è più, che mai più sarà quella che hanno visto andare via
“Mia sorella se n’è andata. Io sono rimasta. Tutti noi siamo rimasti: mamma, papà, i miei fratelli. Siamo rimasti senza di lei.
E anche adesso che è tornata siamo senza di lei.
Così tanto senza di lei.”
Ricordi che Sylvia raccoglie, creando un romanzo corale, pieno di voci che hanno lo scopo di ricostruire o, semplicemente, di trovare una risposta alla scomparsa di Patricia.
Ne esce una storia drammatica una storia che racconta, oltre alla perdita, anche la violenza domestica, la violenza sulle donne, la sottomissione,
“Il nostro silenzio ci rende complici dell’abuso. Portiamo tutte il velo.”
Mentre leggevo Il libro di Aisha, ripensavo a un altro memoir, letto qualche tempo fa, ne sentivo i rimandi, un altro libro messicano, un romanzo scritto da una sorella, una storia dove una sorella sparisce in un modo diverso, certo, ma dove la mancanza si percepisce in ogni pagina: L’invincibile estate di Liliana. Così non mi sono stupita quando ho trovato il ringraziamento dell’autrice a Cristina Rivera Garza e al suo laboratorio di scrittura.
E, come il libro di Rivera Garza, questo romanzo ha la potenza della realtà scritta bene e la bellezza di una scelta stilistica che, in qualche modo, riesce a non rendere claustrofobica la narrazione, ma a darle una sorta di respiro.
Sylvia ci racconta Patricia, quella Patricia che, in fondo, lei ha conosciuto anche poco (essendo molto più giovane)
“Io sono stata l’ultima bambola con cui ha giocato.”
Quella Patricia che mette insieme attraverso i racconti degli altri. Quella Patricia che non c’è più, che ha scelto di inseguire quello che all’inizio poteva essere amore.
“Cos’è che ti stanno portando via, quando ti portano via il nome?”
Concludo dicendo che questo libro non aveva attirato la mia attenzione, forse per una copertina che non incontra il mio gusto. Poi mi è stato consigliato da un libraio di quelli bravi (grazie Emanuele e di Emera, libreria orgogliosamente indipendente di Fano) e ci ha proprio preso!
Questo per dire, ancora una volta: ascoltate i librai e le libraie, quelli bravi, quelli che nel loro lavoro mettono la passione. Quelli che i libri li leggono…

