Giuseppe Tomasi di Lampedusa – Feltrinelli
“Angelica e Tancredi passavano in quel momento davanti a loro, la destra inguantata di lui posata a taglio sulla vita di lei, le braccia tese e compenetrate, gli occhi di ciascuno fissi in quelli dell’altro. Il nero del frack di lui, il roseo della veste di lei, frammisti, formavano uno strano gioiello. Essi offrivano lo spettacolo più patetico di ogni altro, quello di due giovanissimi innamorati che ballano insieme, ciechi ai difetti reciproci, sordi agli ammonimenti del destino, illusi che tutto il cammino della vita sarà liscio come il pavimento del salone, attori ignari cui un regista fa recitare la parte di Giulietta e quella di Romeo nascondendo la cripta e il veleno, di già previsti nel copione”
Ho avuto timore davanti a questa lettura, anzi davanti a questa scrittura. Io abituata a leggere letteratura contemporanea, io che amo il linguaggio scarno ed essenziale, mi sono trovata spiazzata. Poi mi sono ricordata le parole di un noto scrittore che durante un corso ci ha detto: Non dovete avere paura di affrontare nessun tipo di lettura. E sono andata avanti, spinta anche dalla conferma di chi già lo aveva letto e mi diceva Vedrai… e così, inaspettatamente, me ne sono innamorata. E lo strano è che ho amato alcuni passaggi lunghi e laboriosi, ricchi di dettagli, quasi barocchi nel loro essere “tanta roba”. E ho amato, soprattutto, i pensieri di Don Fabrizio
“quella sensazione che conosceva da sempre. Erano decenni che sentiva come il fluido vitale, la facoltà di esistere, la vita insomma, e forse anche la volontà di continuare a vivere andassero uscendo da lui lentamente ma continuamente come granellini che si affollano e sfilano ad uno ad uno, senza fretta e senza soste, dinanzi allo stretto orifizio di un orologio a sabbia. In alcuni momenti d’intensa attività, di grande attenzione questo sentimento di continuo abbandono scompariva per ripresentarsi impassibile alla più breve occasione di silenzio o d’introspezione, come un ronzio continuo all’orecchio, come il battito di una pendola s’impongono quando tutto il resto tace; e ci rendono sicuri, allora, che essi sono sempre stati lì vigili anche quando non li udivamo”
Non dirò nulla di più su questo classico, sapete già e, di certo, è stato già detto tutto e, forse, non mi sento proprio all’altezza di farlo.
Dirò solo che Il gattopardo è il decimo Libro Vagabondo, la proposta di Libreria Paci di Città di Castello (PG)

