Ron Rash – La nuova frontiera – traduzione Tommaso Pincio
“A quel punto Jacob se n’era andato col pick-up fino a Middlefork Bridge e aveva parcheggiato. Dopo un po’ si era guardato attorno. Blackburn rastrellava le foglie nel cimitero. Era solo, ma teneva la tesa del cappello abbassata, come se il volto afflitto potesse spaventare anche i morti. Nessuno ci darà una mano, aveva detto a Blackburn, quindi la chiedo a te”
Jacob è figlio di una famiglia benestante che immagina per lui un radioso futuro, Naomi è una semplice cameriera, bella, ma analfabeta e povera. Un incontro che è un colpo di fulmine, un amore assoluto nato per colpa del caso o del destino, un amore che decide di lottare contro tutto e tutti.
Un amore che diventa subito matrimonio e che porta Jacob a essere diseredato e i due giovani sposi a dovercela fare da soli.
“Quel pensiero era il talismano che Jacob portava con sé. Non poteva morire. Dio o il destino, qualcosa aveva stabilito che lui e Naomi passassero la vita insieme. Che altra spiegazione dare a quella serata di venti mesi prima a Blowing Rock? Nel preciso momento in cui era passato davanti allo Yonahlossee, il cinema della città, Naomi, una perfetta estranea, se ne stava accanto al botteghino, con una moneta in mano. Se lui avesse guardato invece l’insegna in alto o se un amico lo avesse chiamato da un punto più lontano del marciapiede, Jacob non l’avrebbe mai notata”
Poi arriva la guerra (siamo negli anni Cinquanta e siamo in Nord Carolina), Jacob viene arruolato e spedito in Corea; a casa lascia non solo Naomi, ma anche un figlio in arrivo e nessuno disposto a prendersi cura della sua famiglia.
Nessuno tranne Blackburn Gant, il custode del cimitero, che porta sul corpo e sul viso i segni della poliomelite. Gant un solitario, respinto dalla comunità, ma che ha trovato in Jacob un amico: Jacob che avrebbe potuto scegliere di diventare amico di chiunque, aveva scelto lui
“Magagnato, era quella la parola che la gente di campagna usava per indicare chi era danneggiato nella mente o nel corpo, C’erano parole più pesanti, a volte usate senza riflettere, altre volte no. Magagnato era più delicata, anche nel suono, e chi la pronunciava spesso era convinto che quegli individui fossero dotati di qualche talento singolare. […] La fermezza, era questa la grande dote di Blackburn?”
Gant si affeziona alla bellezza di Naomi, o forse alla responsabilità di doversi occupare della moglie dell’amico, e Naomi si affeziona alla gentilezza di Gant; i due si proteggono e attendono la nascita del piccolo e il ritorno di Jacob.
Ma, come ho detto, quella tra Naomi e Jacob è una storia d’amore non approvata da tutti, è una storia d’amore che si scontrerà con il complotto di chi vuole che le cose vadano diversamente, è una storia che, con un’altra ambientazione storica e geografica, ha dei punti in comune con Giulietta e Romeo…
Ron Rash ci regala un altro romanzo trascinante (anche se, probabilmente, non all’altezza del suo splendido Un piede in paradiso): il lettore conoscerà da subito il complotto messo in atto a scapito della giovane e ignara coppia, e vorrà gridare loro di fare attenzione, di non fidarsi, vorrà svelare ogni retroscena, ma, ovviamente, dovrà accontentarsi di sperare che Naomi, Jacob e Gant se ne accorgano da soli. E sarà questo a tenere quel lettore incollato al romanzo, il voler capire chi sarà il “vincitore” di questa storia americana
“Erano tantissime le bugie da tenere in piedi e altre ne sarebbero seguite. Somigliavano a una lunga fila di vagoni su un ripido pendio, bastava lo sganciamento di uno soltanto per causare un disastro”
Un romanzo che ci fa incrociare le dita e tifare per l’amore, ma soprattutto un romanzo che ci regala un rapporto di amicizia sincero e fedele e un romanzo che ti fa voler bene a quel Gant da sempre costretto ad abbassare lo sguardo, a nascondersi, a stare bene da solo o con quei morti che custodisce, ma che, quando veramente serve, quando a essere colpite sono le persone che ama, sa essere fiero, sa proteggere, sa essere coraggioso. Sa sollevarlo quello sguardo.

