Jessica Anthony – Sur – traduzione Dario Diofebi
“Alla fine, Kathleen arrivava sempre alla stessa conclusione: Aveva sposato Virgin Beckett perché era facile. Era cinque centimetri più basso di lei, ma stavano comunque bene a vedersi, come coppia. Insieme erano, come aveva detto una volta la sua amica Patricia, «come due frutti nella stessa cesta».”
America, fine anni Cinquanta, Kathleen e Virgin sono un coppia della classe media, una coppia all’apparenza felice o, almeno, all’apparenza non infelice. Si sono conosciuti al college, quando Kathleen era una scommessa del tennis e Virgin un bel ragazzo ed entrambi hanno fatto la scelta più logica, più comoda: si sono sposati.
“Kathleen Lovelace pensava che non sarebbe stato difficile amare Virgin Beckett, e sapeva che quando era con lui riusciva a tenere i propri sentimenti sotto controllo. […] Parlavano sempre e non discutevano mai, e Kathleen non riusciva a ricordare se avesse mai visto Virgin con un libro in mano. Erano passati soltanto tre anni dalla fine della guerra, ma quando erano insieme, lui non ne parlava mai. Gli eventi esterni sembravano scorrergli accanto in un modo strano, come se guardassero il mondo che si muoveva dai sedili di un treno che restava fermo. Quando parlavano, parlavano dei loro amici, o delle partite di tennis, o di niente in particolare. Non litigavano mai.”
Ora hanno due figli, diversi segreti, qualche rimpianto e sono tornati a vivere là dove si sono conosciuti, in un piccolo e brutto appartamento che avrebbe dovuto essere una scelta provvisoria.
Poi, una domenica mattina di novembre, una giornata particolarmente bella e calda, mentre la famiglia si prepara per andare a messa e Virgin sta pensando al suo pomeriggio sui campi da golf, Kathleen indossa il suo costume rosso, consumato dal tempo ed entra nella piscina condominiale. Dice di volersi rinfrescare, ma poi in piscina resterà tutto il giorno
“Kathleen non era ancora pronta a uscire dall’acqua. Una volta che ne fosse uscita, tutto sarebbe tornato alla normalità, e la normalità non era più una condizione accettabile.”
Così con lo sguardo spesso puntato al cielo e oltre, là dove nello spazio Laika (la cagnetta russa) è stata spedita verso il suo drammatico destino, Kathleen mette in scena il suo atto di rivolta o il solo tentativo di ritagliarsi un tempo tutto suo da dedicare ai rimpianti, appunto, ai ricordi a un amore che ha dovuto lasciare andare, ma che forse non se ne è mai andato del tutto. Al tennis e a quel colpo segreto che un ragazzo ebreo di origini cecoslovacche un giorno le ha insegnato. Un tempo per fare un qualcosa di incomprensibile che riesca a sovvertire le regole della normalità
“Era delle piccole cose, ormai lo sapeva, delle piccole ripetizione, che era fatta la vita.”
o, semplicemente, attirare l’attenzione e scatenare, se non altro, un cambiamento.
Il romanzo di Jessica Anthony assume il ritmo di una partita a tennis, in un continuo palleggio tra un capitolo dove la storia ci viene raccontata da Kathleen e uno con protagonista Virgin. Alternando i due punti di vista, non schierandosi mai dalla parte di nessuno dei due coniugi.
Assistiamo così al racconto di un matrimonio di certo non perfetto, un matrimonio macchiato da segreti, dove forse si finge di non vedere, perché è più comodo, perché va bene così.
Ovviamente non vi racconterò di più, perché dovrete scoprire da soli i segreti di questo matrimonio, ma come dice il proverbio (e anche la seconda di copertina) i nodi a un certo punto dovranno arrivare al pettine…
Aggiungo solo una nota di merito alla scrittura raffinata di Jessica Anthony che davvero (anche qua devo citare e dare ragione alla seconda di copertina) riesce a evocare le atmosfere di Revolutionary Road e riesce a farlo raccontarci un unico giorno, raccontandoci un matrimonio in meno di centocinquanta pagine e, ovviamente, riuscendoci.
Un romanzo che consiglio, quindi, a chi ama lo stile e le coppie di Yates, a chi detesta i tomoni, a chi tornando indietro sa che, nonostante tutto, farebbe gli stessi errori, a chi ogni tanto sente la voglia di lanciare un urlo, solo quello, per poi ripartire. E a chi cerca un modo per potersi perdonare.

