Tiffany McDaniel – Atlantide edizioni – traduzione Lucia Olivieri
“A differenza di Adamo ed Eva, credo che Dio avrebbe preferito che i miei genitori non si moltiplicassero e popolassero la Terra. Mia madre diede alla luce otto di noi. Due sarebbero morti negli anni dorati dell’infanzia. Ci fu chi biasimò Dio per averne risparmiati troppi. E chi diede la colpa al diavolo per non essersene portati via abbastanza. Io rimproverai gli angeli di non averci sterminati tutti.”
Questa potrebbe essere la storia di Bitty, la voce narrante de Il caos da cui veniamo; è lei che ci parla, ogni fatto passa attraverso il suo sguardo, il suo corpo, il suo sentire. Ma, mi sento di dire, che questa è la storia dei Lazarus. Di una madre diventata madre troppo giovane e già con a carico le sue ferite, una madre che, proprio per questo, è incapace di dimostrare il suo amore; di un padre nativo americano, delle storie che racconta e del suo orgoglio di essere padre; di sei figli (otto, ma due sono morti ancora bambini e noi non abbiamo il tempo di conoscerli), tre femmine e tre maschi, ognuno con la sua storia, ognuno con il suo destino.
Questa è la storia di una famiglia e del suo caos
“Caos. Un termine che indica confusione, disordine, un caleidoscopio infranto d’irrequietezza. In fisica designa ciò che esisteva prima della creazione dell’universo: il nulla informe. Nella mitologia greca, Caos è il primigenio.
Qualcuno può pensare che la mia famiglia corrisponda a tutto questo. Una madre e un padre in un vortice di irrequietezza. Figli che vivono nel disordine, nella confusione assoluta. Questo siamo noi. I Lazarus. Un caleidoscopio infranto. Sì, forse siamo il caos. Ma è stato meraviglioso esserlo”
Siamo in Ohio, sono gli anni Cinquanta quando inizia questa storia e saranno gli anni Settanta quando questa storia arriverà all’epilogo; I Lazarus sono una famiglia che vive ai margini, in modo disordinato, alla giornata. Si urlano addosso, ma fanno squadra contro chi li indica con il dito perché diversi, perché mezzosangue. Sono carichi di rabbia e di dolore, ma Landon, il padre, ha sempre insegnato loro a guardare in alto, a guardare le stelle
«Quando ti senti persa, Bitty, smarrita, perduta a te e al mondo, non devi fare altro che alzare la testa e guardare su. Non importa dove sei né dove stai andando, perché sarai sempre a sud del paradiso.»
Sì, questo è un romanzo che tira pugni e calci nello stomaco del lettore, del resto chi conosce Tiffany McDaniel non si aspetta nulla di diverso, lo fa da subito e lo fa in ogni sua pagina o quasi. Ma è un romanzo che, sui lividi che ti lascia addosso, stende uno strato di poesia e di amore anche: perché i Lazarus si amano, lo fanno a loro modo, ma Il caos da cui veniamo è un romanzo pieno di amore.
e io voglio ricordarlo per questo. Voglio ricordare quel personaggio magnifico che è Landon, con i suoi peccati ovviamente, ma anche con quelle storie che inventa e per come ci rimane male quando non vengono credute. Per il suo amore per ogni suo figlio e per il suo dolore davanti a ciò che succede (e che ovviamente non vi rivelerò)
“Sarebbe tutto più semplice se si potesse custodire nella pelle la memoria delle cose brutte che succedono nella nostra vita. E poi sbarazzarsene come fanno i serpenti quando cambiano pelle. E così abbandonare da qualche parte quell’orrenda roba rinsecchita e allontanarsi con una nuova pelle e tutte le possibilità che questo comporta.”
E Bitty non può che guardare quel padre con una sorta di venerazione, inventare a sua volta storie e sognare di diventare scrittrice.
“Da bambina la mia immaginazione mi sussurrava che mio padre non era una creatura in carne e ossa. No, lui era fatto di carta e inchiostro. […] lui era scaturito dalla mente dei miei scrittori preferiti. Ero persuasa che Dio li avesse fatti volare fin sulla luna in groppa a uccelli di tuono affinché creassero un padre su misura per me”
Questo è un romanzo magnifico, un romanzo che fa stare male, che una volta chiuso devi trovare il tempo per massaggiarti le ferite. Tiffany McDaniel ha il dono di raccontare ogni cosa, anche la più dolorosa e inaccettabile, con il tocco di una scrittura pazzesca e di una poesia che mitiga, protegge, travolge il lettore con tutta la sua potenza.
Il caos da cui veniamo è stata una delle due proposte di Bicchierdivino di Torino e la scelta di Azami di Ivrea (TO) nella quattordicesima puntata di #edopocosaleggo

