Antonio Iovane – Minimum Fax
«Cercherà di fuggire, dopo?»
Il brigatista sorride.
«Sì».
Ornella sa che deve spingere il tasto rosso.
Preme.
«E dove andrà?»
«Pensa che glielo direi?»
«Penso di no».
«Lei dove andrebbe?»
«Non mi sono mai posta il problema».
«Sta registrando?»
«Sì», Ornella torna a sedere, «da dove vorrebbe cominciare?»
Varega guarda per un istante il soffitto bianco.
«Dalla fabbrica».
Il romanzo di Antonio Iovane si apre nel 1979, quando su una spiaggia, mentre si sta svolgendo un festival di poesia, vengono arrestati Jacopo Varega e Irene Lotti, due brigatisti da tempo ricercati.
Varega riuscirà a fuggire e a contattare Ornella, una giornalista che su quella spiaggia c’era, perché solo a lei vorrà raccontare la sua storia. E la sua è una storia che si dispiega su dieci anni, gli anni di piombo, gli anni che partono dal 1969 con la strage di piazza Fontana e arrivano al 1981, e che sono tra i più bui della storia italiana. La sua è una storia che parla di Brigate Rosse, ma anche di un grande amore, ammesso che la lotta armata consenta l’esistenza di un amore, di affetti, di una famiglia
“Immagini di restare in apnea, Ornella, di non avere scelta oltre a quella di trattenere il fiato. Deve sopravvivere e quindi restare concentrata su un solo obiettivo. Non deve disperdere energie e dosare l’ossigeno, è l’unico modo per non restare senza fiato. Se perde la concentrazione, perde l’obiettivo.
Ecco, dal momento in cui scegli la lotta armata devi accettare di vivere così.”
E soprattutto è la ricerca di una risposta: chi lo ha tradito? Chi ha permesso che venisse catturato su quella spiaggia?
Il racconto di Jacopo, del suo reclutamento nella fabbrica, della sua adesione alla lotta armata, si interseca a quello di chi ha indagato in quegli anni, poliziotti, magistrati, giornalisti, registi e attori (tra i protagonista elencati a inizio libro compare anche Gian Maria Volonté) regalandoci un racconto sentimentale che fa male e tocca nel profondo, perché tu sai che tutto ciò che viene raccontato, compresa la parte fiction (perché Iovane interseca realtà e finzione), compresa quella parte che affianca nomi come Moro, Dalla Chiesa, Calabresi, Sossi, è reale.
C’è stata, ha ferito, squarciato, sfregiato per sempre l’Italia e gli italiani.
“Io non ferivo, io non uccidevo persone. Io ferivo e uccidevo simboli. Nel momento in cui colpivo, il mio obiettivo si svuotava totalmente della sua componente umana. E dovevo farlo perché era l’unico modo per realizzare quello che volevo.”
Antonio Iovane fa un lavoro magistrale di ricostruzione, di indagine, ma anche di intaglio e inserimento. Un lavoro dove le vite dei protagonisti trovano un punto di incontro per poi perdersi, dove la storia ha una posizione d’onore, ma dove pare dirci che la storia è fatta dagli uomini, belli o brutti che siano, buoni o cattivi, dalla parte giusto o dalla parte sbagliata.
«Non è la realtà che ci sfugge, è la verità, signor commissario. Ma lei mi domanda la verità come se fosse… come se fosse afferrabile, una strada sicura, lineare, dritta, e invece la verità si presenta sempre incerta, tortuosa e oscura. Mi domanda la verità come se fosse abitata da uomini buoni o da uomini cattivi, ma la verità è abitata solo da uomini, commissario. Uomini e basta. E gli uomini sono la contraddizione»
Ha il ritmo del thriller Il brigatista, ha la tensione di una storia che cerca una risposta, di una storia che, nonostante abbia le sue radici nella realtà, può riservare il colpo di scena, ovvero ciò che non ti aspetti. Ed è anche intrisa di sentimenti forti questa storia: che siano amore, che siano passione, che siano senso di giustizia e verità.
“Chi è convinto che avessimo messo da parte gli affetti per concentrarci solo sulla lotta non ha capito nulla: gli affetti erano un motore fondamentale. Certo, è chiaro che prima c’era la rivoluzione, ma non è che nel futuro dopo la rivoluzione mi vedessi solo come un cane nella mia stanza a leggere poesie. No, io mi vedevo con Irene”
Che siano quelli di un terrorista o che siano quelli di chi quegli anni li ha vissuti dall’altra parte della barricata, sempre sentimenti sono. E Iovane riesce a narrarci tutto questo restando “semplice” narratore, mai giudice.
Un romanzo da leggere tutto in un fiato e che ti fa chiedere: perché non ne hanno fatto ancora una serie tv?

