Grazie, cara amica!

M.L. è passata in libreria per salutarmi, il giorno prima non mi ha trovata e così lei, oggi ha preso il treno ed è tornata qui.


Entra con un sorriso e io le vado incontro concedendomi di abbracciarla. È stropicciata e umida, fuori piove e l’umidità non ha trovato ostacolo nell’ombrello.


So che avrebbe dovuto partire per la sua Francia, ma un imprevisto l’ha costretta a rimanere. Le chiedo come sta suo marito e lei mi racconta ciò che è successo e che ora è uscito dall’ospedale.
Mi dice o mi fa capire che sono anziani ormai e io le dico o le faccio capire che è già bello che siano in due e che ci siano l’una per l’altro.
Ho capito cosa vorrebbe dire essere da sola, aggiunge.

Mentre lui non c’era, alla sera, seduta in poltrona, alzavo sempre gli occhi per cercarlo, lo sentivo lì anche se lui non c’era. Lì sulla sua poltrona.


Ora capisco, dice, quell’amica che non ha più il marito ma che lo sente ancora con sé.

Le dico che avrei voluto mandarle un messaggio, ma non avevo il suo numero.

Poi cambiamo discorso, parliamo dei nostri cari libri. Lei ne estrae uno dalla borsa e me lo porge: l’ho comprato per te, mi dice, gli ho tolto la sopracoperta perché era brutta. Aggiunge, lo so che non ti servirà leggerlo per proporlo in libreria, ma quando puoi fallo, merita.
Mentre parliamo, mi dice che non vuole farmi perdere tempo, che sa che devo lavorare. Poi mi chiede di un libro che le hanno detto che ho letto io. Ne parliamo solo un po’, perché lei non vuole mai sapere troppo, decide di prenderlo, io l’abbraccio, e se ne va.


Qualche ora dopo suona il telefono.


Mi sono dimenticata di lasciarti il mio numero, mi dice, ricordati di mandarmi il tuo.
Lo farò più tardi, sul treno, un messaggio WhatsApp tornando a casa.

La sua risposta, il giorno dopo sarà:
Grazie, cara amica! Sul suo profilo la foto di uno dei suoi cagnolini.