Gli schifosi

Santiago Lorenzo – Blackie edizioni – traduzione Bruno Arpia

“Ricordo il giorno in cui stavamo facendo il tipico gioco di cosa chiederesti al genio della lampada se ti comparisse davanti. Io, che non sono mai stato molto originale, chiedevo di poter volare o di essere invisibile.
Lui se ne uscì dicendo che non gli interessava nessuno dei due desideri. Volare, lo si poteva già fare, con Google Maps. E invisibile si sentiva già, perché nessuno gli faceva caso. Mi rispose che lui avrebbe chiesto di non dover dormire. Che gli rompeva e gli strarompeva essere impegnato nelle sue cose e sentire gli occhi che gli si cominciavano a chiudere sul più bello, senza poter fare nulla contro il sonno. Lui avrebbe scelto di liberarsi di quella schiavitù e passare la vista sveglio, in piedi e intento alle sue solitarie fascinazioni.”


Manuel è stato un ragazzino atipico, uno di quelli che venivano chiamati “bambini delle chiavi” perché figli di genitori così impegnati che, non avendo tempo di occuparsi dei figli, consegnavano loro le chiavi di casa e l’indipendenza che ne conseguiva. Manuel cresce sapendosi arrangiare, ma con pochi affetti e tanta difficoltà nel creare legami: il suo unico punto di riferimento è lo zio acquisito, colui che diventa voce narrante di questa storia.

Ed è questa, secondo me, la “genialata” di Santiago Lorenzo, farci raccontare il tutto da un personaggio secondario, ma coinvolto nei fatti, un personaggio che non partecipa alle azioni, ma ne riceve la narrazione.

Ma andiamo per ordine.


“Iniziò dal principio. Mi disse che era arrivato a Zarzahuriel forzato dalle circostanze e da un cacciavite. Si era visto sospinto in un ambiente sconosciuto a cui aveva cercato di adeguarsi. Con un tale successo che ormai non si vedeva più a condurre un’altra vita rispetto a quella che conduceva lì, immerso fino alle orecchie nell’impresa suprema di fare in ogni istante soltanto ciò che voleva fare. Disse testualmente che non si era mai sentito meglio nella sua ca**o di vita.”


Manuel, ormai adulto, durante una manifestazione alla quale non sta partecipando colpisce (per legittima difesa) con un cacciavite un agente di polizia.

Spaventato dalle conseguenze dell’atto, scappa, non sapendo se ha lasciato l’agente ferito o morto. E continua a scappare fino a raggiungere un villaggio disabitato


“Lo chiamerò Zarzahuriel, figurativamente, secondo una denominazione inventata e arbitraria”


aiutato nel cancellare le tracce da quell’unico zio del quale si può fidare.

Inizia così per lui un periodo di adattamento alla nuova situazione, nella nuova casa della quale si è impossessato, in quel villaggio dove si ritrova a essere unico abitante; lontano da comodità e collegamenti moderni (zio e nipote si parlano ogni sera – questo l’escamotage narrativo che permette al nostro narratore di essere credibile per il lettore – attraverso cellulari non localizzabili, ricaricati in modo rocambolesco e ingegnoso). Ma non mi soffermerò a raccontarvi cosa si inventano zio e nipote per la sopravvivenza di Manuel, perché questa è gran parte della storia, vi dirò solo che, piano piano, Manuel capisce di aver bisogno di pochissimo. Capisce di vivere bene così, da solo, nel silenzio


“Cadeva la sera e non avvertiva la necessità di scambiare parole con alcuno individuo […] Finiva la settimana e non sentiva il desiderio di trovarsi con degli amici o con una donna. Si congratulava di sollievo, difatti, quando deduceva che aveva dato appuntamento soltanto a sé stesso.”


Capisce la vera importanza del tempo


“Con la sua povertà auto approvvigionata avrebbe comprato tempo, perché passava momenti molto più belli al mercato delle ore che a quello della frutta e verdura.”


Ma il titolo di questo romanzo è Gli schifosi e gli schifosi avranno un ruolo in questa storia. Ma qua mi fermo e mi limito a consigliarvi la lettura di questo romanzo divertente in modo intelligente; un romanzo che fa riflettere sul troppo che abbiamo e su come l’essenziale sia ciò che non può e non deve essere acquistato


“Disse che non voleva mangiarini complicati se per poterli acquistare doveva accorciare le sue passeggiate, o interrompere la lettura degli Austral, o trascurare le sue zucche, o smettere di cacciare le mosche con gli elastici, o alzarsi da uno scranno da cui stava guardano una nube a forma di mappa della Russia.”