Massimo Bontempelli – Utopia
“… vedeva la madre dal letto di morte comandare il futuro. Risentì una per una tutte le parole. Arrivò così alla frase cui non aveva ancora ripensato, alla profezia misteriosa:
«Del resto, nessuno di voi morirà vecchio»”
Gente nel tempo inizia al capezzale della Gran Vecchia. Sta morendo e tutta la famiglia è chiamata a raccolta per ascoltare la sua maledizione: la famiglia Medici è destinata a estinguersi, nessuno dei componenti arriverà a vedere la vecchiaia. Questo ciò che la Gran Vecchia profetizza un attimo prima di morire. Lei, che ha sempre comandato da viva, continuerà a dettare il suo volere anche dopo, anche quando non sarà più parte di questa terra.
“Quando c’era la Gran Vecchia nessuno era mai solo: il pensiero della esistenza di lei toglieva a ognuno qualunque forma di solitudine, anche s’ella era uscita di casa, anche la notte quando dormiva. Lei solamente, che comandava a tutti, era sola.”
Ma il romanzo di Bontempelli procede, lasciandoci vivere le vite dei suoi protagonisti: Silvano, il figlio, Vittoria, la nuora, Dirce e Nora le piccole della famiglia Medici. Vite quotidiane, fatte di piccole cose anche, di una vita agiata che tocca diversi luoghi dell’Italia (e non solo) dei primi del Novecento: Milano, Venezia, Roma, l’entroterra genovese dove, a La Coronata, la villa della famiglia Medici, tutto ha inizio.
“È così grande in chi vive la necessità di vivere, che una specie di esistenza normale ricominciò nella casa delle due sentenziate. Vivere normale vuol dire tante cose senza interesse e in apparenza senza ragione, il tempo fatto d’una serie interminata di atti mediocri. Perciò questo racconto, che avrebbe voluto seguire le grandi linee di quel fondo dramma, una volta ancora si trova a non avere un filo di corrente cui abbandonarsi, ma deve remigare tra la mistura degli episodi vagabondi sulla superficie dello stagno.”
Vite quotidiane, fatte di amori e tradimenti, di amicizie e di noia anche, di pranzi, passeggiate e chiacchierate, di incontri e di ricordi; vite quotidiane che, a un certo punto, iniziano a capire qual è il loro destino.
Iniziano a capire che le parole pronunciate dalla Gran Vecchia non erano solo il delirio di una donna in fin di vita, ma una vera e propria profezia. Iniziano a sentire lo scoccare del tempo che passa, del poco tempo che resta. Dell’inevitabilità di ciò che li attende e che, come il protagonista di Samarcanda (la canzone di Vecchioni) l’appuntamento con la morte non si può rimandare, né sfuggire.
«… Non importa morire, importa non sapere quando. L’ignoranza è la giovinezza. Di mano in mano che uno un poco lo sa, lui se ne va. La vita è essere incerti, Dirce, la vita è non sapere, non sapere né quando né dove uno va »
Bontempelli con il suo Gente nel tempo riesce a catturare il lettore e a farlo anche divertire, a trasportarlo nel mistero di una storia dove tutto è annunciato fin dall’incipit, e a coglierlo comunque di sorpresa, seminando nella narrazione colpi di scena, elementi inaspettati.
E Bontempelli, con il suo realismo magico e con la sua scrittura datata (in questo romanzo) 1936, con alcune parole ormai desuete, riesce ancora oggi a regalarci un romanzo piacevole e trascinante, una di quelle storie che, una volta che hai chiuso il libro non puoi che affermare: ebbene sì, ho letto qualcosa di grande!
“Vero è che in tutte le cose del mondo, e le umane e le naturali, non vi sono coincidenze irragionate; ogni moto, ogni evento, ogni caso anche minimo che accade verso il cielo o sopra la Terra, e il volare d’un insetto o il germinare d’un’erba non meno che una guerra o lo scoppiare della passione nel cuore dell’uomo, tutti sono tra loro connessi come i congegni d’un ordigno impregnato di umana intelligenza; solamente quando saremo morti capiremo, con improvvisa maraviglia, la portata e forse la grande saggezza di tanti atti nostri che credevamo aver fatti per caso, e stimavamo spersi e in effettuali nella gran costruzione della vita del mondo.”

