Georges Rodenbach – Fazi – traduzione Catherine McGilvray
“Com’era triste anche Bruges in quei pomeriggi tardivi… Lui l’amava così. Proprio per quella sua tristezza l’aveva scelta, ed era venuto a viverci dopo il gran disastro. Un tempo, nei giorni della felicità, quando lui e la moglie viaggiavano, conducendo un’esistenza spensierata e un po’ cosmopolita a Parigi, in paesi straniere o in riva al mare, c’erano venuti insieme di passaggio, senza che la grande malinconia di qui riuscisse a intaccare la loro gioia. Ma più tardi, rimasto solo, si era ricordato di Bruges e un’intuizione immediata lo aveva convinto a stabilirvisi definitivamente. Un’equazione misteriosa si era creata: alla sposa morta doveva corrispondere una città morta. Il suo lutto immenso esigeva uno scenario adeguato.”
Hugues Viane è vedovo, la moglie è morta giovane e lui non riesce a superare questo lutto. Decide quindi di trasferirsi a Bruges, la città che meglio di qualunque altra rispecchia il suo stato d’animo. La città grigia, la definirà, la città che a sua volta vive, come lui, un lutto
“Bruges era la sua morta, e la sua morta era Bruges. Tutto era unito da un identico destino: era Bruges-la-Morta, anch’essa sepolta nella tomba dei suoi quais di pietra, con le arterie gelate dei suoi canali, da quando aveva smesso di battervi il grande respiro del mare”
La vita di Viane è invasa dal dolore, dalla malinconia, dai ricordi. Dai cimeli contenuti nella stanza il cui accesso è vietato persino alla fedele domestica, e il cui pezzo più caro è la treccia di capelli biondi chiusa in una teca.
“Ogni mattina, come all’indomani della sua morte, andava a compire le proprie devozioni – come stazioni lungo la via crucis dell’amore – davanti agli oggetti che la ricordavano.”
Ma un giorno, passeggiando per Bruges, Viane si imbatte in una donna che somiglia alla sua sposa morta e da allora una nuova ossessione si impossessa di lui. Deve conoscerla prima, deve averla poi; scoprirà che Jane, questo il nome della donna, è una ballerina, e la farà entrare nella sua vita, perdendosi così in un gioco di somiglianze e di illusioni, quasi che la somiglianza di Jane con la moglie defunta desse lui la giustificazione a tradirne il ricordo, il lutto.
“Pur recandosi ogni sera da Jane, non provava il minimo rimorso; neanche per un attimo lo sfiorava il sentimento dello spergiuro, del grande amore caduto nella parodia, del dolore deposto. Nemmeno quel piccolo brivido che coglie la vedova, la prima volta in cui, tra i suoi veli di crespo e il cachemire, appunta una rosa rossa.”
Finché un giorno chiede a Jane di indossare un vestito de la Morta e si accorge di quanto le due siano, in fondo, diverse. Così dolce la Morta, così grezza e frivola Jane.
“Le somiglianze appartengono sempre e soltanto alle linee o all’insieme. Se si studiano i dettagli, tutto diverge.”
Ma qua mi fermo perché è giusto che scopriate da soli come va a finire questa ossessione; e, se non conoscente la storia, vi invito a non leggere la premessa al libro prima di leggere il libro, dato che viene raccontato il finale. (ma perché? Mi chiedo…)
In questo romanzo, pubblicato alla fine del 1800, e considerato un classico, è impossibile non trovare un po’ de La donna che visse due volte di Boileau e Narcejeac, o uno dei migliori Simenon. Ma anche quel personaggio perso nei suoi dubbi e nei suoi tormenti di Confessione di mezzanotte di Duhamel, se non altro per quel suo vagare per la città, che per Duhamel è Parigi per Rodenbach è, appunto, Bruges.
Bruges che è la vera coprotagonista di questo romanzo: non certo la Morta, che perde il suo nome praticamente subito, né tantomeno Jane, che è solo una controfigura, ma la città.
Quella città che Rodenbach ci descrive come portatrice di tristezza e di malinconia, ma che probabilmente è solo specchio dello stato d’animo di Viane: del suo tormento, della sua disperazione, del suo grigiume. Tanto che la stessa città, vista dalla domestica, in un giorno di festa diventa un luogo diverso.
“Che bella mattinata! Avanzava con un passo lieto, nel sole chiaro, commossa dal richiamo di un uccello o dall’odore dei nuovi germogli, in quel sobborgo già agreste dove verdeggiano i paesaggi preziosi del Minewater; «Lago d’amore», così qualcuno ha tradotto, ma meglio ancora: «Le acque dell’amore».”

